«Prima i poveri!» La resistenza dell’#ExTelecom e la gestione del potere a #Bologna (e in Italia)

Wed, 21/10/2015 - 15:55
di
plv (da Giap)*

Ho cominciato questo articolo per Giap stanotte, appena tornato dal presidio, con gli occhi che mi si chiudevano, e l’ho finito stamattina.

Sulla giornata di Bologna del 20 ottobre si scriveranno decine di resoconti. Si dirà che è stata una giornata drammatica, piena di lacrime e gonfia di rabbia, sporca del sangue delle teste rotte dai manganelli della polizia. Ma la prima cosa da dire, quando siamo arrivati ormai a notte fonda ed è possibile fare un primo parziale bilancio, è che nella drammaticità della situazione oggi si è portata avanti una lotta che ha saputo guardare in faccia i potenti senza fare un passo indietro. Una lotta che ha messo in campo le capacità, le competenze, la cura, i corpi e la rabbia di tutti coloro che hanno resistito in via Fioravanti per diciotto ore. Una lotta appoggiata con generosità da tutti quelli che hanno potuto mettere a disposizione anche solo un minuto del loro tempo.

Ieri, le 300 persone che da quasi un anno occupavano l’Ex-Telecom sono state sgomberate, ma una trattativa su un loro ricollocamento è stata vinta, e questo è stato possibile perché si è lottato insieme e con tutti i mezzi possibili. A Bologna, a Roma, ad Alessandria, Brescia, Pavia, Livorno… Uomini, donne, bambini, facchini, disoccupati, senza tetto, studenti e studentesse, migranti, pensionati, occupanti e solidali a comporre un’unica lotta: quella dei migranti sugli scogli di Ventimiglia, dei facchini contro la Granarolo, dei residenti contro gli sfratti, quella dei braccianti di Foggia, quella dei poveri contro i ricchi, dei deboli contro i potenti.

Non guardiamo solo alle lacrime: per chi è rimasto tutta la giornata sotto l’ex-Telecom, questa unità tra tanti e diversi è stata una catarsi, uno sprigionamento di energia, che ha fatto dire a molti «Resisteremo una vita più di voi». Teniamoci stretta questa sensazione e andiamo avanti.

1. L’occupazione shock

L’ex sede della Telecom di via Fioravanti era occupata dal 5 dicembre 2014, quando 280 persone shockarono la città entrando in uno stabile posizionato esattamente di fronte agli uffici amministrativi del comune. Prima di quel giorno il problema abitativo a Bologna era un fantasma che non aveva consistenza. Quel giorno la questione è stata posta con forza sul tavolo. Per tutti i mesi dell’occupazione, qualsiasi striscione calato dall’edificio, si specchiava nei vetri dell’orrenda torre del Comune di Bologna. Uno schiaffo in faccia all’amministrazione comunale, che infatti reagì male. L’assessore al Welfare Amelia Frascaroli addirittura accusò gli attivisti di rastrellamenti: «Se ci fossero state tutte quelle persone in giro ce ne saremmo accorti. Le hanno tirate fuori di casa». Il riferimento era agli attivisti di sostenitori delle lotte dei facchini. La lotta dei facchini è cresciuta, si sono moltiplicate le relazioni ed ecco così venire fuori un’occupazione multietnica, variegata e complessa che univa italiani, cinesi, marocchini, palestinesi, con anche una quota cubana.

Entrare all’Ex-Telecom era un piacere, su questo non ci si dilunga, ma va detto. Bambini che ti zompettavano da una parte all’altra, cene multietniche, incontri. Una comunità complessa che lavorava insieme, ricostruendo in un posto adibito a uffici, appartamenti vivibili. Casa, reddito, dignità era lo slogan dell’Ex-Telecom, che per mesi è stata avamposto della guerra all’articolo 5 del Piano Lupi. Il piano su cui si muove Social Log è dunque piano pienamente nazionale che si collega alle lotte per la casa di tutta la penisola.

2. Il terrore e la resistenza

Il clima a Bologna però è tremendo, da mesi. I movimenti sono disgregati e in primavera è iniziata una pesante fase repressiva. Prima sono arrivati divieti di dimora e gli arresti domiciliari per numerosi attivisti. Poi sono arrivati gli sgomberi. Il macigno dell’Ex-Telecom ritorna a ondate nei discorsi del Sindaco, ma la decisione non arriva. A prenderla è la questura che prima fa fuori Atlantide – spazio LGBTQ occupato da 17 anni – e poi sgombera le famiglie di Via Solferino: una prova tecnica per vedere se qualcuno si sarebbe indignato a vedere dei bambini buttati fuori di casa. Prova tecnica superata: in Comune si balbetta, ma in fondo a nessuno frega un cazzo.

Alle 6:30 del 20 ottobre uno schieramento di quaranta camionette blocca il quartiere della Bolognina dove si trova l’Ex-Telecom. Duecento agenti schierati. Uno schieramento entra di corsa nell’edificio, un’operazione di sgombero con famiglie, minori e malati diventa così un autentico assedio condotto come se si trattasse di un’operazione dell’antiterrorismo. Come grida un tredicenne ai microfoni di una radio locale, il vero terrore erano le forze dell’ordine. Dentro, gli occupanti erano preparati da tempo e hanno costruito barriere che fanno guadagnare ore. La polizia impiegherà dieci ore prima di arrivare sul tetto.

All’interno della struttura ci sono due gruppi, il primo al secondo piano con donne e bambini che per tutto il giorno si sporgono dalle finestre e battono pentole e altri oggetti in un cacerolazo costante, il secondo, composto da circa ottanta persone sul tetto. Durante la giornata la situazione all’interno diventa pesante, ancora ora non si sa in modo completo cosa sia successo veramente nelle ore di resistenza. L’idiozia dello sgombero vede anche un ragazzino trascinato a forza da due poliziotti in casco e tenuta antisommossa: il ragazzino, giustamente, scalcia. Una donna avrebbe una mandibola spaccata a causa dei calci della celere. Un bambino, attaccato ad un respiratore, ha una crisi respiratoria. E poi minacce, insulti.

Fin dalle prime ore del mattino, all’esterno si forma un presidio. I numeri non sono alti (250-300 persone) ma la tenuta è altissima. Due cariche – la seconda particolarmente violenta – non fiaccano la forza di chi rimane fuori: ci sono persone che hanno cantato slogan ininterrottamente per 14 ore.

La resistenza è generosa ed è fatta anche di persone diverse tra loro, accorse per dare una mano come possono: c’è l’insegnante che accompagna gli alunni allo sgombero perché dentro ci sono i loro compagni, ci sono i ragazzini che scrivono una lettera all’amico per dirgli «Mohamed resisti, ci vediamo a scuola», c’è chi esce dal turno di notte invece di andare a dormire corre in via Fioravanti, ci sono operatori del sociale incazzati neri perché con tutto il lavoro che già hanno adesso sulle spalle graverà il compito di risolvere un’emergenza ampiamente evitabile, c’è XM24 che porta per pranzo una pasta arrangiata nel più breve tempo possibile, c’è Eat The Rich che fa la cena per tutti, in attesa che la trattativa si sblocchi.

Quando i primi bambini vengono portati fuori dall’edificio la scena è raccapricciante: un cordone di ragazzini buttati per strada senza che vi sia alcun piano su dove alloggiarli per la notte. Dopo ore di tensione, nel primo pomeriggio si apre una via di trattativa, ma presto si capisce che è aria fritta. Dal comune si stupiscono: «Vogliono una casa, non accoglienza», dichiara una dirigente, sorpresa del fatto che gli occupanti non vogliano la carità, ma quello che spetta loro di diritto.

La trattativa si riapre quando si capisce che arrivare sul tetto è impossibile. I tecnici del comune fanno sapere che una soluzione c’è: tutti gli occupanti, nessuno escluso, saranno ricollocati in altre strutture. Fino a notte fonda la trattativa andrà avanti negli uffici del Comune in Via Fioravanti, mentre il presidio rimane in strada: attraverso le vetrate si vedono le luci accese delle stanze dove si sta conducendo la trattativa. I gesti degli attivisti seduti al tavolo sono eloquenti: nessun passo indietro. Sulla contrattazione il presidio continua a vigilare anche nella notte, in via Fioravanti si balla una mazurka clandestina, mentre una ad una le camionette della polizia si allontano.

3. Chi decide su Bologna?

Tutto questo con Bologna c’entra poco. Non è il Sindaco Merola a dare ordine di sgombero. Come dice Wu Ming 4 in un’intervista, non avrebbe le physique du role. Giusto per essere sicuri che non facesse altri danni, come quando ha definito Atlantide una «lobby gay», era a Londra dove sicuramente avrà avuto modo di apprezzare gli articoli del Guardian su Bologna.

In realtà su questa vicenda grava come un macigno un piano nazionale che individua in Bologna un nodo strategico: Renzi e Alfano uniti nell’eliminare qualunque forma di dissenso. L’operazione contro l’ex-Telecom è dunque in linea diretta con il Ministero dell’Interno. Non è un caso che nello stesso giorno siano stati compiuti arresti per il corteo di Cremona contro Casa Pound del gennaio scorso. Non è un caso che ieri, a Porta Pia, la Polizia di Roma abbia letteralmente sbroccato caricando e utilizzando gli idranti contro i solidali. Spostare tutto a destra, questo è l’obiettivo di Renzi e Alfano, preoccupati di mettere sotto scacco antagonismi sociali e personaggi non affiliati al Partito della Nazione.

Il questore di Bologna Ignazio Coccia.

Per attuare questo piano hanno scelto il questore Ignazio Coccia, che nel giorno dell’insediamento – avvenuto lo scorso 19 aprile – ha parlato chiaramente del problema delle realtà antagoniste a Bologna. Negli ultimi tempi la questura sembra impegnata a distruggere ogni tipo di movimento sociale e a far rigare diritto la giunta comunale. Non solo sgomberi, dunque, ma minacce di denunce: chi in Comune si mostra aperto verso le occupazioni, è minacciato di indagini, come se esistesse il reato di opinione. È la questura che ha imposto lo sgombero di Atlantide mentre si stava conducendo una trattativa col Comune, ed è sempre la questura che ha imposto lo sgombero delle case di Via Solferino, senza darne comunicazione ai servizi sociali.

Con questo non si vuol dire che in Giunta ci siano solo santi, anzi. In queste ore Sindaco e Giunta si stanno giocando il ruolo delle vittime virginali. Col cavolo! Se siamo arrivati ad un governo della questura è perché il governo di questa città ha coltivato un clima che rendeva possibile questo tipo di operazioni. Cinema Arcobaleno, Bartleby, Santa Marta, Hobo sono sgomberi fatti prima dell’arrivo del nuovo questore, concordati dal Sindaco Merola e dalla sua Giunta.
E anche si trattasse sul serio di una vittima dello strapotere della questura viene da chiedersi, che ci sta a fare Virginio Merola nel ruolo di Sindaco? Come può una persona assolutamente priva di polso per ogni tipo di situazione minimamente tesa, governare la città?

Poi c’è Amelia Frascaroli, quattro anni fa eletta come rappresentante per SEL e diventata assessore al Welfare. Anche lei negli anni ha cementato il clima di delirio cittadino. Ieri è stata fotografata mentre dalle finestre degli uffici comunali guardava affranta le operazioni di sgombero. Poi ha scritto su Facebook:

«Io ho delle responsabilità politiche ma queste sono terminate necessariamente – e mio malgrado – con l’arrivo della Polizia. Non si dica mai, quindi, che io ho voluto questo sgombero perché è falso.»

Ma su questa presunta innocenza è bene chiarirci, dato che il giorno dell’occupazione dell’Ex-Telecom lei stessa dichiarò: «Stavolta non farò trattative, non possiamo legittimare simili forzature». Diciamo che forse lo sgombero non l’avrebbe voluto ieri, ma qualche mese fa sì. Quando una persona in quel ruolo dice certe cose e poi il loro esatto contrario, non è più credibile. D’altronde si tratta dello stesso assessore che appoggiò lo sgombero di Bartleby dallo stabile occupato di Santa Marta: «Bartleby deve lasciare quel posto – disse all’epoca – C’è già un progetto per farci residenze per anziani e un asilo nido». A due anni dai fatti il posto è ancora vuoto e in stato di abbandono. Il che è un peccato, per gli occupanti dell’Ex-Telecom sarebbe stato perfetto.

Insomma, un Comune che rinuncia a far politica per tenersi la poltrona, la mediazione politica che salta definitivamente, un questore che fa il Sindaco, un Primo Ministro che sposta a destra l’intero paese. Mentre la gente dell’Ex-Telecom fregandosene di tutto questo è andata avanti per la sua strada dando a tutti una lezione di dignità. Quello che si è ottenuto a fine giornata può sembrare poco: l’Ex-Telecom è stata sgomberata, una comunità meticcia che aveva fatto miracoli è stata separata, la città è stata privata di un luogo importante. Ma ottenere che le persone avessero di diritto un tetto sulla testa è una vittoria, che può rompere il clima di sconforto che si è creato a Bologna negli ultimi anni.

In queste ore Social Log divulgherà i materiali registrati all’interno della struttura durante lo sgombero. Rimaniamo in attesa, non è finita.

*Fonte articolo: http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=22656#more-22656