Verso il CommuniaFest #2 / Mutualismo conflittuale e soggettivazione politica

Wed, 21/09/2016 - 18:28

Continuiamo la pubblicazione dei contributi in vista delle discussioni del CommuniaFest. Di seguito la traccia di discussione e le domande che saranno poste ai relatori della plenaria di venerdì, "Mutualismo conflittuale e soggettivazione politica" con interventi di Theo Karyotis di workerscontrol.net (Grecia), di Ri-MAFLOW fabbrica recuperata (Milano), di Scugnizzo Liberato Laboratorio di Mutuo Soccorso (Napoli), di Fuorimercato rete nazionale e di SoS Rosarno.
________________________________________________

Dalle riflessioni sull’iniziale esperienza della fabbrica recuperata RiMaflow di Trezzano sul Naviglio e poi via via sulla base di tanti percorsi di riappropriazione sociale attorno ai quali ha preso avvio la costruzione del network Communia, abbiamo scelto di costruire l’iniziativa politica a partire dai bisogni sociali di pezzi di società sfruttata e oppressa.
Alla pratica del mutuo soccorso, che ha dato un fondamentale apporto alla nascita dello stesso storico movimento operaio, e a quella altrettanto decisiva dell’autogestione, abbiamo affiancato la definizione di "conflittuale" per sottolineare la necessità che le sperimentazioni sociali avviate abbiano una dinamica di rottura del sistema capitalistico, contro ogni illusione di gradualistica evoluzione verso un’alternativa di società.
L’inserimento di questi percorsi autogestiti dentro il più generale conflitto di classe – costituito dall’insieme delle lotte di lavoratori e lavoratrici, delle battaglie ambientaliste ed ecosocialiste, antirazziste e antifasciste, antipatriarcali e di genere senza gerarchie precostituite – è stato l’ambito di relazioni che abbiamo individuato per raggiungere lo scopo.

D’altra parte, dare risposte concrete ai bisogni sociali ha spinto storicamente molte esperienze al loro riassorbimento nel quadro del mercato capitalistico, indipendentemente dalla volontà di rottura inizialmente espressa. E’ la sfida che costantemente è posta di fronte alle imprese recuperate, a partire dalle realtà più diffuse come in Argentina, che si scontrano spesso anche con i problemi della continuità del tipo di produzione precedentemente attuata (e delle difficoltà di un’eventuale riconversione) e di varie esigenze di finanziamento (ad esempio per l’innovazione tecnologica), con il rischio di dover dipendere da istituzioni perlomeno "non amiche".
Fuorimercato, come rete nazionale in formazione con forte peso nell’ambito della produzione e distribuzione alimentare, cerca di costruire alcune risposte nella costruzione di canali autogestiti alternativi all’attuale monopolio della Grande Distribuzione, favorendo lo sviluppo di "comunità resistenti" nelle campagne: garantire cibo genuino, difesa dell’ambiente, sovranità alimentare dei territori, lavoro e diritti a chi lavora sono gli obiettivi dichiarati.

Una serie di domande si pongono oggi per indicare una prospettiva alle sperimentazioni in corso. Proviamo ad indicarne alcune, senza la pretesa di dare risposte definitive, ma mettendo a confronto ipotesi di lavoro per contribuire a realizzare ulteriori passi in avanti.

- L’autogestione conflittuale: abbiamo detto che l’occupazione di una fabbrica, di una terra, di uno spazio sociale rappresenta al meglio l’idea di riappropriazione e conflitto. Ma, ad esempio, al di là di esperienze importanti come quelle di stabili occupati come centri sociali o a scopo abitativo, pochissime sono le esperienze di occupazione che hanno portato all’avvio di attività lavorative; le quali, non a caso, per uscire dal lavoro nero, necessitano la regolarizzazione di chi lavora con una serie di conseguenze materiali. Mentre diverse iniziative di varia ispirazione (libertaria, marxista o comunque antagonista) si producono senza uno scontro previo con la ‘proprietà’.

- Quale deve essere il rapporto con le istituzioni e quali sono i contesti che possono consentire la tutela dei progetti autogestiti. Anche qui le varianti in campo sono parecchie e altrettanto diffuse le pratiche sociali che probabilmente non consentono una risposta univoca alla domanda.

- Le forme del cooperativismo, giustamente additate come strumento per la deregolamentazione del mercato del lavoro e per l’aumento della competitività tra lavoratori con il massimo della concorrenza al ribasso, sono tuttavia quelle che più rispondono all’ispirazione autogestionaria, quando diventa necessario dare una fisionomia giuridica all’attività economica intrapresa. E’ possibile portare esperienze cooperative nel campo della resistenza e della ‘trincea di lotta’?

- Può esistere alternatività reale producendo per il mercato capitalistico? E fino a quando è possibile spingersi verso la costruzione di spazi economici e sociali indipendenti per realtà significative (ossia non marginali che, in quanto tali, non impensieriscono il sistema)?

- La "rete politica" è fondamentale per garantire la direzione di marcia anticapitalistica e di classe delle sperimentazioni sociali, che spontaneamente – dato il peso del sistema di potere e del mercato – ne subirebbe l’inevitabile condizionamento. Come affrontare i limiti del ruolo separato della soggettività politica ma anche delle aggregazioni federative non definite attorno a un programma e a una strategia di lotta democraticamente definita?

- Quale modalità organizzativa può rispondere più efficacemente a queste sfide?