La foresta di Sharewood

Fri, 05/05/2017 - 00:18
di
Communia Roma

Questa è la terza ed ultima puntata in cui lo spazio di mutuo soccorso Communia Roma si racconta in rete e sui social.
Le puntate precendenti:



Stavolta il silenzio. Non un rumore, non un fiato, gli occhi fissi a pagina 77 mentre la matita scivola sul foglio bianco.
Una parola ogni tanto, una cicca di sigaretta nel posacenere e l'elenco dei turni appeso al muro.
Qualcuno ripete a bassa voce mordicchiandosi le labbra, c'è chi beve il caffè appena fatto e chi tamburella formule matematiche sulla tastiera del computer.
Una muraglia di libri, una cinquantina di persone appollaiate sulla sedia ed è domenica mattina.
Stavolta si studia, oltrepassato il solito cancello rosso di via dello Scalo San Lorenzo 33.
“Capita di ritrovarsi nella più grande università d'Europa e trovare una biblioteca aperta tutto il giorno sembra un'impresa dell'altro mondo. Ecco perché abbiamo voluto dar vita a Sharewood” era il volantino con cui il coordinamento dei collettivi della Sapienza annunciava la nascita dell'aula studio autogestita in uno dei capannoni delle ex officine Piaggio.
“Purtroppo, l’esperienza di Communia a via dei Sabelli è stata brutalmente interrotta dallo sgombero effettuato il 16 Agosto scorso, in totale continuità con gli interessi del proprietario dello stabile che intende ricostruire l’intero lotto, realizzando un condominio di mini-loft di lusso da affittare a caro prezzo. Dimostrando chiaramente che anche le esperienze socialmente valide, con una straordinaria validità pubblica, non hanno diritto di esistere di fronte alla rendita e alla speculazione del privato. Da allora non ci siamo arresi/e e siamo ripartiti da zero: il 7 settembre abbiamo sottratto al degrado e all’abbandono le vecchie officine in via Scalo San Lorenzo 33 e, un passo alla volta, le abbiamo rese di nuovo attraversabili e accoglienti”.

Un’aula studio autogestita, fornita di una biblioteca con 5400 tomi liberamente consultabili, manuali di anatomia e medicina, di giurisprudenza e ingegneria, con libri di letteratura italiana, francese, inglese e spagnola e i classici in bella vista.
Una sala con 3 stampanti funzionanti, 2 computer fissi e uno portatile, 2000 gb di file condivisi.
Gli studenti possono studiare, impartire ripetizioni, scambiare libri, condividere dispense e documenti in un quartiere attraversato da migliaia di studenti.
Sharewood è un luogo dove si collabora, invece che competere. Dove gli studenti non sono i semplici utenti di un servizio, ma una collettività che ragiona del proprio presente, del proprio futuro, di come costruire un modello diverso di formazione, che alluda ad una trasformazione più generale.

Il progetto Sharewood nasce nel 2013, sulla scia della stagione dei movimenti studenteschi contro la privatizzazione di scuole ed università. Configurandosi come aula studio autogestita aperta fino a tardi e nei weekend, come biblioteca autogestita, come luogo di condivisione di file e materiali per gli esami universitari, Sharewood rappresenta la risposta concreta di studenti e studentesse al cronico definanziamento della formazione e della spesa per il diritto allo studio, tagliati in nome della crisi e del ricatto del debito.
Mentre all'università le biblioteche vedono decurtato il proprio orario e il welfare studentesco riesce a garantire a un sempre minor numero di giovani il sostegno economico necessario ad affrontare le sin troppo gravose spese per tasse e libri per gli esami, a Sharewood gli studenti dei quartieri limitrofi l'università possno trovare un presidio a difesa dei diritti, un servizio garantito fuori da logiche di mercato e uno spazio di condivisione e socialità.
Infatti, all'entrata dell'aula studio uno striscione recita, “Scuola e università fuori dal mercato. La vostra meritocrazia è Austerity e precariato”

A quattro anni dalla nascita di Sharewood, lo stato dell'università italiana non è mutato. Nonostante i proclami altisonanti di uscita dalla crisi, la realtà materiale continua ad offrire un quadro disastroso. I parametri sempre più duri di assegnazione dei fondi stringono il cappio intorno al collo di atenei prossimi al collasso, fedeli ad un'impostazione aziendalistica e incapaci di garantire i servizi più basilari.
Valutazione, merito e competizione sono i tre paletti dell'università riformata che aderisce perfettamente alle logiche produttive del mercato del lavoro. Concetti come “meritocrazia” e “competizione” hanno mascherato lo smantellamento delle università pubbliche.
Contemporaneamente il sapere organizzato in crediti, settorializzato, supportato da stage e tirocini, promuove un'educazione alla precarietà. Ad esempio il fenomeno del "lavoro non pagato" si impone con prepotenza tramite gli stage ed i tirocini, veri e propri periodi di lavoro, spesso scarsamente qualificato, presentati come momenti di formazione.

Alla Sapienza, le risposte studentesche continuano ad essere le più efficaci: davanti al tentativo di ridurre ulteriormente gli orari della biblioteca di fisica, la mobilitazione dal basso è riuscita a condurre all'individuazione di soluzioni alternative e allo sblocco dei fondi necessari alla riapertura; animata da collettivi e studenti di diverse facoltà, la campagna Facciamoci Spazio ha posto al centro del discorso delle amministrazioni il tema degli spazi per lo studio, rivendicando sale lettura h12 e aule per la condivisione e il confronto collettivo e attivando commissioni partecipate che stanno iniziando a individuare risposte concrete ai bisogni di chi attraversa l'università quotidianamente. E nella perdurante carenza delle strutture dell'ateneo (la gran parte delle biblioteche non raggiunge né tantomeno supera le 50 ore di apertura settimanale), Sharewood continua ad essere un punto di riferimento, capace di garantire, con le sue 65 ore settimanali di apertura, un servizio ben più avanzato degli standard della città universitaria e delle sue sedi distaccate.