Il network Communia ricomincia da tre

Thu, 13/02/2014 - 23:02
di
CommuniaNet

Debito, precarietà/reddito, riappropiazione sociale, questi i tre assi di lavoro su cui i nodi del network Communia, riunitisi a Roma lo scorso fine settimana, hanno deciso di sperimentare il proprio percorso di lavoro comune, dopo il Communiafest di settembre, prologo della nascita della rete.
Un percorso che vuole affrontare in modo adeguato una fase frutto del marcire della crisi economica, sociale e politica di questi ultimi sei anni, che produce fenomeni spuri, eterogenei e tutti da indagare, di resistenza.

1. Gli ultimi giorni sono stati segnati in particolare dal “movimento dei forconi”. Difficile quantificarlo, difficile darne una descrizione sociologica esauriente. Ancora più complicato è avventurarsi in un'analisi dinamica, che legga i movimenti soggettivi. Dagli slogan, dalle parole d'ordine, dagli interessi particolari rappresentati, è chiaro che si tratta di una mobilitazione di un settore di piccola borghesia impoverita dalla crisi. La fotografia è nitida dal punto di vista delle aree geografiche (nordovest e nordest), delle categorie interessate (autotrasportatori, artigiani, agricoltori, piccoli imprenditori), dalle biografie (evasori fiscali colpevoli di mancati contributi ai dipendenti), dai passati di destra o centrodestra (i Forconi siciliani, la Life veneta, i “contadini” di Calvani nel Lazio). La collocazione politica è confermata dall'impianto ideologico e identitario: il tricolore, la difesa “degli italiani”, il sentimento anti-immigrati represso a fatica, il desiderio di “legge e ordine” l'ansia della massiccia riduzione fiscale e del dimagrimento dello Stato. La dinamica della rivolta sembra però aver coinvolto in alcune piazze anche settori che non si possono immediatamente identificare con questa piccola borghesia impoverita e che nemmno sembrano condividere le pulsioni reazionarie dell'insieme.

Un rapporto Censis di qualche anno fa, a proposito della società italiana, della sua frammentazione e dello sfarinamento dei rapporti sociali, utilizzò il termine “mucillagine”. Oggi quella mucillagine sembra essersi messa in movimento. I presìdi dei “forconi” esistono davvero anche se non nelle dimensioni propagandate dai “leader” della protesta. Il sostanziale fallimento della manifestazione di Roma del 18 dicembre mette in luce tutti i limiti di questa "esplosione", che non rappresenta (almeno per il momento) un movimento in fase di crescita stabile e capace di consolidare alcuni successi locali.

Il linguaggio e l'immaginario descrivono una dinamica di “movimento”, con slogan antigovernativi e con una prospettiva poco chiara, ideologicamente reazionaria ma che, nella confusa fase politica attuale, non può essere liquidata con la collocazione a destra. Le cose sono più complesse di come appaiono a uno sguardo superficiale.

2. La mobilitazione mette in evidenza due aspetti. Il primo è la sanzione della fragilità degli attuali assetti economico-sociali. Le politiche liberiste con cui viene gestita l'austerità europeista non sono in grado di dare risposte.Né in Italia né negli altri paesi, come dimostra la crisi di credibilità di François Hollande in Francia. Anche la Germania ha dovuto impiegare quasi tre mesi per dare vita a un governo e deve rassegnarsi alla Grande coalizione. Il sistema è in affanno, boccheggia. Dalla sua crisi escono spore incontrollate che, come i “forconi” in Italia descrivono una società che si impoverisce e che perde status di privilegio precedentemente conquistati. Nemmeno la tolleranza dell'evasione fiscale riesce a proteggerli. La richiesta di maggiori sussidi, incentivi, riduzioni fiscali (che sono sempre un aiuto di Stato) cresce al crescere della difficoltà economica. I blocchi sociali si modificano, sfarinandosi e disarticolandosi. Quello che era ceto medio sprofonda verso il basso e, spaventandosi, acquisisce caratteristiche dei ceti più poveri.

3. Questo impoverimento mette in moto un processo di legittimazione della protesta, se non della rivolta – rivoluzione è termine tornato di moda, anche se con accezioni a volte inquietanti – e di delegittimazione del “palazzo”, delle istituzioni rappresentative. Sempre più screditate, sempre meno affidabili. Lo scarto tra “alto” e basso” si fa incolmabile e chiama a un surplus di elaborazione sulle risposte “democratiche” che devono costituire uno sbocco politico. Sempre meno lo "sbocco" è la conquista di una porzione di rappresentanza politico-istituzionale e sempre più emerge la necessità di una soluzione complessiva alla crisi. Contestando la politica, inconsapevolmente, si chiede più politica. E' quel processo contorto di sociale che si trasforma rapidamente in politico su cui ci stiamo interrogando da tempo. La mescolanza traspare nel divenire concreto delle lotte. E mostra una realtà che, su altre latitudini, si riscontra nella mobilitazione degli autoferrotranvieri genovesi, protagonisti di una lotta iper-radicale e in grado di vincere, sia pure parzialmente.

4. I presìdi territoriali, la capacità di mobilitare settori sociali determinati e di costruire attorno a loro solidarietà e consenso propone di nuovo il tema dell'efficacia della mobilitazione. La manifestazione “autorappresentativa” a Roma diventa meno rilevante; la capacità di bloccare gangli della società e dell'economia torna al centro della protesta.

Con queste caratteristiche limitarsi a guardare quello che accade bollandolo come reazionario – come in parte è – costituirebbe un limite. Se esistesse un soggetto di movimento sufficientemente forte da poter agire autonomamente, attivare una propria piattaforma di rivendicazioni, esibire una effettiva credibilità politica, questo dovrebbe, avrebbe dovuto, confrontarsi con quello che si muove, lavorando sulle contraddizioni – che sono esplose platealmente tra i “forconi” – e candidarsi a soggetto dinamico. Insomma, a trascinare. Ma tra le lezioni della fase attuale c'è anche questa: l'assenza di un soggetto con quelle caratteristiche. Non solo sul piano politico – acquisizione antica – ma anche su quello sociale o politico-sociale. E' il nodo su cui soffermarsi e agire.

5. La manifestazione del 19 ottobre è stata importante sul piano dell'immaginario e della possibilità di influenzare il discorso politico. Ma, come abbiamo già segnalato, non è potuta uscire dai confini dell'autorappresentazione. Esistono, vitali e salutari, le tendenze che l'hanno determinata: il movimento No-Tav, quello per l'abitare. Si vedono timidi tentativi di risorgenza del movimento studentesco. C'è stata, forte, a Napoli l'espressione dell'ambientalismo radicale contro i “veleni della terra”. Singole istanze si fanno largo tra i lavoratori come, appunto, la protesta degli autoferrotranvieri, alcune vertenze aziendali, spesso isolate. Tutto questo c'è, va costruito e rafforzato, con le forze di cui si dispone. Non c'è un movimento generale, unito e forte. Manca, a nostro giudizio, una Coalizione sociale che possa condividere alcune esigenze minime: un piano d'azione contro le politiche di austerità europea; una piattaforma di rivendicazioni comuni; una metodologia democratica che valorizzi le lotte in quanto tali e non la loro rappresentanza di movimento. Su questo punto intendiamo lavorare con maggiore forza di quanto fatto finora, avanzando specifiche proposte ai soggetti che incrociamo nell'agire quotidiano.

6. Non possiamo più agire in un quadro di cieco rispetto dei dettami europei. Non crediamo alla parola d'ordine “fuori dall'euro” sia per le incognite economiche che, soprattutto, per il corollario nazionalista che ne consegue. Pensiamo, però, che occorra disobbedire ai Trattati, rifiutarsi di seguire la loro applicazione per dare vita a politiche di rottura all'insegna di tre assi programmatici: rifiuto del pagamento del debito; conquista di un vero reddito sociale; riappropriazione sociale dei beni e degli spazi pubblici".

- Vogliamo rimettere in discussione la trappola del debito pubblico, contestando il pagamento di quello non legittimo e una ristrutturazione del suo insieme che renda impossibili nuove speculazioni e profitti sugli interessi;

- vogliamo conquistare un reddito sociale, effettivo, concreto ed esigibile;

- vogliamo rimettere in discussione la proprietà socializzando il lavoro e i profitti in una prospettiva ecologica.

Su questa semplice e ambiziosa piattaforma pensiamo sia possibile e utile aprire una discussione di movimento per costruire, seriamente, senza tatticismi, una Coalizione sociale che sappia, nel perseguire i suoi obiettivi, praticare livelli avanzati di democrazia. La democrazia non può essere più solo un fiore all'occhiello della migliore propaganda. La crisi esige un cambio degli strumenti istituzionali, una modifica della loro qualità, diversi equilibri. Forme di democrazia diretta, controllo dal basso, possibilità concreta di dare seguito a decisioni collettive sulle grandi scelte economiche e sociali non sono utopie ideologiche ma necessità dell'oggi. Su questo occorre aprire un dibattito che possa, finalmente, inquadrare anche la questione degli sbocchi politici.

Quando diciamo che non ci interessa in questa fase il terreno politico-istituzionale non proponiamo un vezzo né una versione moderna della volpe che non raggiunge l'uva. Diciamo, al contrario, che occorre cimentarsi con una trasformazione radicale degli assetti istituzionali per adeguarli alle nuove politiche pubbliche necessarie a superare la crisi, e questo oggi deve partire dal basso e attraverso la conquista di spazi di democrazia diretta e radicale.

7. In questo contesto la rete di Communia Network si attrezza con nuovi progetti e nuovi strumenti per affrontare la fase che viene. Puntiamo a costruire una iniziativa prolungata e diversificata che ruoti attorno all'idea del Riuso, Riutilizzo, Riciclo di spazi recuperati come è il caso della Ri-Maflow a Milano, della rappropriazione sociale, dell'autogestione e del mutuo soccorso come pratiche conflittuali. Una iniziativa che non vuole rinchiudere le nostre energie in spazi “liberati” ma, al contrario, prova a utilizzare il metodo delle “esperienze esemplari” per condurre la battaglia di un'alternativa alla crisi e ai modelli esistenti. Il varo del nostro nuovo sito a gennaio, la realizzazione della nostra rivista cartacea, la costruzione della mobilitazione contro il vertice europeo sul lavoro di aprile e la Mayday a Milano, l'iniziativa ecologista che decidiamo di avviare, rappresentano i tasselli di questa progettualità.