La presunta legge sul femminicidio

Wed, 05/02/2014 - 20:45
di
Quaderni Viola

Il decreto divenuto legge in questi giorni con il “femminicidio” e la violenza contro le donne ha ben poco a che fare. Meno ancora ha a che fare con le lotte e le richieste del movimento che per decenni li ha denunciati nel silenzio e nell’indifferenza delle istituzioni. Quello stesso movimento, se finalmente si dotasse degli strumenti per farsi sentire, in grande maggioranza griderebbe “Non in nostro nome!”. E’ infatti la beffa dopo il danno l’approvazione di un nuovo pacchetto sicurezza in nome di una delle lotte più difficile e dure del femminismo. Non possono dare l’ombra del proprio consenso nemmeno quante, nella lunga discussione aperta per anni nel movimento, sostennero l’irrevocabilità della denuncia con l’argomento delle intimidazioni nei confronti delle donne.

A maggior ragione non possono darla quante in un modo o nell’altro affermarono di ritenere pericolosa e inefficace ogni logica di incremento della repressione. Che la prospettiva fosse quella del rifiuto di leggi sui rapporti di genere o che si trattasse della legittima diffidenza contro gli Stati esistenti e conosciuti, il risultato fu comunque un ampio rifiuto. In realtà la ragione per cui il movimento tutto, se fosse coerente con se stesso e la sua storia, se non intervenissero ragioni di opportunità politica nella relazione con partiti e istituzioni, dovrebbe gridare “Non in nostro nome”, è che la legge riguarda tutt’altro. Il fiore all’occhiello della difesa della parte femminile della società è servito solo a far passare misure sul contrasto di fenomeni di “allarme sociale”, sulla protezione civile e sul riordino delle province. E anche nel merito specifico della violenza alle donne, le misure negano le preoccupazioni e le lotte che hanno caratterizzato il femminismo per decenni.

E’ vero che nei testi scritti la natura della legge non viene nascosta: “ Conversione in legge del decreto del 14 agosto 2013, n. 93, recanti disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province”, ma si tratta di testi noti a pochissime persone e quel che conta è invece il rumore dei media. Non diremo che la scoperta mediatica che “l’assassino ha le chiavi di casa” ha solo preparato il decreto e la sua conversione in legge. Sarebbe sottovalutare la capacità del femminismo di agire sul senso comune. Ma non siamo così ingenue da non sapere che le insistenze delle ultime settimane non sono casuali.
Diremo invece qualcosa d’altro: una legge che affina gli strumenti di intervento contro i fenomeni cosiddetti di “allarme sociale” è a suo modo anche una legge contro le donne per gli stretti legami, che la crisi rafforza, tra rapporti di potere di genere e di classe.

(immagine di: Carey Hope, da iStock)