Dimenticati due volte: la storia non detta delle persone migranti LGBTIQ

Wed, 24/01/2018 - 22:44
di
Antonio Zappulla*

Immaginate di dover scappare dal vostro paese perché siete perseguitati/e per ciò che siete e chi scegliete di amare. Immaginate di raggiungere l'Europa e finire rinchiusi in un centro di detenzione, esposti/e costantemente al rischio di aggressione. Immaginate di aver ricominciato la vostra vita in un paese straniero, in totale povertà, esposti/e al pericolo di venire sfruttati sessualmente.

Questi sono i rischi molto reali affrontati dalle persone LGBTIQ in fuga da violenze, discriminazioni e abusi nei loro paesi di origine. Questa è la crisi dei rifugiati nascosta.

È un'emergenza, nascosta in bella vista, resa estremamente difficile da documentare; è un'emergenza che l'Europa non sta affrontando, nonostante la consapevolezza che i diritti delle persone LGBTIQ nel mondo non sono riconosciuti, del tutto o solo in parte.

In 72 paesi del mondo le relazioni tra persone dello stesso sesso vengono criminalizzate e perseguitate. In otto di questi paesi, sono punibili con la morte. E in molti altri le norme sociali, le tradizioni e i costumi rendono la vita per le persone LGBTIQ ugualmente impossibile, anche se la legge non è esplicitamente contro di loro.

La Convenzione di Ginevra delle Nazioni Unite è chiara: l'orientamento sessuale e l'identità di genere sono delle basi più che solide per poter richiedere lo stato di rifugiato. Inoltre, una direttiva europea del 2011 specifica che l'orientamento sessuale è una delle categorie – insieme alla razza, la religione e la nazionalità – che identificano una persona a rischio di venire perseguitata.

Nel 2016, 362.000 persone migranti hanno attraversato il Mediterraneo per cercare asilo in Europa. I numeri ufficiali relativi al 2017 non sono ancora stati resi pubblici, ma solo nella prima metà sono più di 105.000 le persone arrivate in Europa dalla Siria e da altri paesi con legislazioni anti-LGBTIQ, incluse Libia, Nigeria, Gambia, Senegal, Eritrea, Guinea, Ghana, Bangladesh e Pakistan.

Queste persone migranti (come tutte le altre) hanno bisogno di un'assistenza fondata sui loro bisogni. Ma, mentre per accogliere i bisogni dei bambini non accompagnati e delle giovani donne sono stati compiuti degli sforzi, nulla è stato fatto per identificare e rispondere ai problemi affrontati dai/dalle rifugiati LGBTIQ.

Essendo fuggiti/e da violenze mirate, discriminazioni e abusi, anche una volta giunte in Europa le persone LGBTIQ spesso scelgono di non rivelare il loro orientamento sessuale. Quelli/e che decidono altrimenti, o vengono identificati/e come soggetti LGBTIQ, sono frequentemente oggetto di molestie e discriminazioni.

Secondo Stonewall, i soggetti LGBTIQ richiedenti asilo ospitati nei centri per migranti presenti sul territorio inglese hanno subito abusi da parte di altri richiedenti asilo e da parte delle persone dello staff, che “hanno fallito nel loro compito di proteggerli dagli abusi, spesso per mancanza di una comprensione e conoscenza basilare delle questioni riguardanti le persone LGBTIQ, ma anche per una consapevole assunzione di atteggiamenti discriminatori” contro di essi/e.

Le persone trans sono particolarmente a rischio: dal venire collocati e divisi nei centri secondo il genere posseduto alla nascita (e non quello scelto), fino all'impossibilità di ottenere le cure necessarie per continuare il proprio percorso di transizione; la mancanza di supporto alle persone trans ha effetti estremamente pericolosi sulla loro salute fisica e mentale.

Per molti/e rifugiati/e LGBTIQ, l'arrivo in Europa non rappresenta affatto la fine della violenza, anzi. A causa della mancanza di supporto da parte della comunità migrante in diaspora e dello stesso sistema di accoglienza, si ritrovano nella condizione di non avere alcuna scelta se non quella di chiudersi in se stessi/e, di nascondere ancora una volta il proprio orientamento sessuale, con l'aggravante di essere in un paese straniero, senza amici o amiche fidati/e.

Per altri/e, l'attrazione per persone dello stesso sesso e l'identità transgender sono concetti talmente intrecciati con i tabù sociali che è persino difficile connetterli alle terminologie utilizzate dal sistema di accoglienza europeo.

ORAM, un'organizzazione specializzata nella protezione dei/delle rifugiati/e estremamente vulnerabili, ha pubblicato di recente un manuale sulla terminologia essenziale da utilizzare in questi casi, affinché gli operatori umanitari ne siano almeno al corrente.

Il manuale ha come obiettivo la “creazione di uno spazio sicuro dove costruire legami di fiducia con i/le rifugiati/e, indicando quali sono i termini inappropriati o offensivi e spiegando invece quali sono quelli utilizzati dalle persone migranti per identificare se stessi/e”. È una lettura affascinante, che rivela quanto spesso, inappropriatamente, parole auto-critiche e dispregiative sono utilizzate dai/dalle migranti LGBTIQ per descriversi; un dato evidente della mancanza di una terminologia rispettosa nei propri paesi.

Gli operatori umanitari non sono gli unici ad avere bisogno di formazione in tal senso. Una rivista indipendente che affronta il tema del trattamento di gay, lesbiche e persone bisex richiedenti asilo in Inghilterra rivela che un quinto dei colloqui per la richiesta di asilo stereotipizza le persone gay, e un decimo contiene domande inappropriate mirate a “suscitare risposte sessualmente esplicite, o mette in discussione la validità delle relazioni tra persone dello stesso sesso”.

La mancanza di preparazione adeguata sulla questione, a più livelli, spiega la mancanza di dati sensibili che documentino il flusso di richiedenti asilo LGBTIQ in Europa, o almeno il motivo per cui molti/e scelgono di non chiedere l'asilo sulla base del loro status di persona LGBTIQ.

Quelli/e che scelgono di farlo devono affrontare un'ulteriore serie di sfide, prima tra tutte il doverlo dimostrare. I/le richiedenti asilo LGBTIQ dovrebbero fornire delle testimonianze concrete che confermino il loro orientamento sessuale o la loro identità di genere. Per ottenerle non è affatto facile. Potrebbe mettere in pericolo i membri della famiglia, o i/le partner precedenti, per non parlare dell'esposizione dei/delle richiedenti asilo stessi/e, specialmente se detenuti/e in un centro di accoglienza per migranti nel quale non esiste alcun tipo di privacy.

Il numero delle richieste accolte è molto limitato. Non esistono statistiche ufficiali a disposizione ma, in un rapporto di Stonewall del 2010, è indicato che il 98% delle richieste fatte sulla base dell'orientamento sessuale e/o sull'identità di genere sono state respinte. Il risultato, denunciato dall'associazione, è stato il respingimento di migliaia di richiedenti asilo in paesi violentemente omofobi, come l'Uganda o l'Iran. Gli ultimi numeri relativi alle domande d'asilo di persone LGBTIQ in Inghilterra risalgono al 2014 ed indicano 1.115 richieste; un netto aumento rispetto al 2009, durante il quale sono state registrate solo 200 richieste.

In Inghilterra, tutte le persone le cui richieste d'asilo sono state accolte vengono inserite presso degli alloggi messi a disposizione dallo Stato. Questo è un momento cruciale e ancora più delicato, poiché le persone LGBTIQ si ritrovano nuovamente esposte a molestie e abusi da parte di altri richiedenti asilo, con i quali sono costretti a convivere.

Secondo il Micro Rainbow International, i/le rifugiati LGBTIQ subiscono abusi, molestie sessuali e stupri negli alloggi messi a disposizione dal governo inglese. La maggior parte di questi episodi non vengono denunciati, per timore che potrebbero “apparire negativamente nella procedura di richiesta d'asilo”. Risultato di questa paura è che molti/e tra coloro che subiscono un abuso tendono ad abbandonare l'alloggio, finendo a vivere per la strada, senza una casa né un supporto sociale, entrando in un ciclo fatto di povertà e molto spesso, conseguentemente, di sfruttamento sessuale.

Micro Rainbow International ha recentemente aperto un secondo rifugio sicuro per persone migranti LGBTIQ, con la speranza di riuscire a provvedere un alloggio sicuro per circa 150 persone entro il 2019.

Insieme alla questione dell'alloggio, Micro Rainbow International offre corsi di formazione di base e supporto psicologico. L'organizzazione collabora con l'esercizio commerciale Uniqlo per offrire ai/alle richiedenti asilo LGBTIQ la possibilità di compiere un'esperienza lavorativa, oltre a provvedere alla distribuzione di abiti adeguati a sostenere colloqui lavorativi per coloro che sono già in grado di entrare nel mondo del lavoro.

La più grande ondata migratoria dalla seconda guerra mondiale ad oggi ha trovato l'Europa impreparata, lasciando che la popolazione di dividesse dando adito a pericolosi discorsi nazionalisti e razzisti. La “crisi dei rifugiati” è il nuovo status quo, una situazione che richiederebbe livelli mai visti di collaborazione tra il settore pubblico e quello privato, che se affrontato con creatività e apertura, potrebbe presentare opportunità uniche.

Ora più che mai, l'Europa dovrebbe rappresentare la pace, la collaborazione e la solidarietà. Le politiche relative ai flussi migratori e alla gestione dei migranti – centrate unicamente nel prevenire gli arrivi – dovrebbero evolvere e tenere conto dei bisogni speciali delle diverse categorie di persone migranti che entrano nei confini europei.

Migranti e rifugiati/e LGBTIQ sono tra quelli/e più vulnerabili, fisicamente e psicologicamente; affrontano rischi specifici e per questo devono ricevere protezione specifica. Eppure vengono esclusi da quello stesso sistema che dovrebbe proteggerli.

È tempo di comprendere tali differenze e agire di conseguenza. Se non riusciamo a proteggere i/le migranti LGBTQI, trasformiamo la salvezza da una necessità ad un privilegio. Deve essere invece garantito che la salvezza rimane ancora un diritto fondamentale dell'essere umano.

*Fonte articolo: https://www.weforum.org/agenda/2018/01/forgotten-twice-lgbt-refugees/
Traduzione a cura di Federica Maiucci