Dai consultori alle facoltà: l'1 e 2 febbraio a Milano

Wed, 19/02/2014 - 02:29
di
AteneinRivolta Milano e collettivo femminista e LGBIT Le Lucciole

Sempre più consultori pubblici vengono chiusi, in molte università non ci sono mai stati. I servizi vengono privatizzati, gli asili (scomparsi da tempo dalle facoltà) hanno sempre meno posti.

I centri MTS (per le malattie a trasmissione sessuale) sono stati demedicalizzati e strutture pubbliche specifiche per LGBIT (lesbiche, gay, bisex, intersex, trans) chi le ha mai viste?

I tagli alla sanità non hanno fatto altro che addossare alle famiglie un peso che finisce per ricadere sempre sulle donne, che così dalle famiglie non possono allontanarsi affatto, rinunciando spesso alla propria emancipazione ed autodeterminazione.

A questo aggiungiamo una legislazione a dir poco retrograda sulle TRA (tecniche di riproduzione assistita) e una legge dai molti limiti, la 194, che risulta ancora più insufficiente a causa dell’elevatissimo numero di medici obiettori di coscienza.

Tra i ginecologi la percentuale di obiettori in Lombardia è all’80%, mentre anche fra infermieri e anestesisti gli obiettori raggiungono il 50%, con una media nazionale che sfiora l’80%. In alcune regioni, tra cui il Molise, non è già più possibile abortire in strutture pubbliche.

Già, perché molti “obiettori” nelle cliniche private operano eccome. Forse perché un’operazione in clinica risulta molto più fruttuosa della prescrizione in ambulatorio di una pillola, la RU 486? Per non parlare del fatto che quasi tutti i giovani medici scelgono di obiettare, per non essere costretti ad una carriera senza prospettive…

Dovremmo stupirci allora, scoprendo che oggi in Italia molte, moltissime giovani ricorrono all’aborto clandestino? Senza garanzie, senza copertura sanitaria, rischiando a volte la vita.

Bè, c’è pur sempre il lavoro… precario, sempre più precario. La flessibilità lavorativa domina, soprattutto quando è declinata al femminile. Molt* di noi stanno lavorando come stagist* o tirocinanti (senza retribuzione) come prima esperienza lavorativa o per concludere il percorso di formazione. La genderizzazione degli impieghi aumenta, sia per le donne che per LGBIT, ed è sempre più difficile conciliare lavoro, famiglia e formazione. Si tratta di avere il diritto alla maternità come scelta che oggi ci viene negato. Da un lato vogliono decidere sui nostri corpi, obbligandoci a portare a termine la gravidanza e dall’altro l’assenza di condizioni lavorative stabili e lo smantellamento dei servizi ci preclude la possibilità di essere genitori.

I corsi a numero chiuso sono in continua crescita, spesso con obbligo di frequenza, le tasse di iscrizione aumentano (anche oltre i limiti previsti per legge) e le borse di studio invece diminuiscono o sono assegnate male, in un sistema pieno di idonei non vincitori e studentati che cadono a pezzi o vengono tenuti completamente sfitti.

Eppure di tutto questo nelle università non si parla. O meglio, si fa finta che non esista, quando invece è proprio da qui, dalla formazione, che questo stato di cose si ripete.

Le università ci fanno credere di essere neutre al genere, d’altra parte però continuano a mostrarci che no, non possiamo pretendere che la nostra posizione lavorativa non risenta della nostra identità, tanto meno possiamo pretendere di conciliare studio e lavoro. Ci preparano a diventare lavoratori e lavoratrici “flessibili” e “dispost* a tutto”, rendendo la nostra vita di studenti e studentesse altrettanto “flessibile” e “disposta a tutto”.

Bene, da questo vogliamo partire, dal basso, mettendo in discussione quello che (non) ci è stato insegnato. Un percorso aperto a tutt*, per iniziare da qui e continuare insieme…

1 febbraio h14.30
presidio sotto il consolato spagnolo
ritrovo in piazza Cavour - Milano

2 febbraio h18.00
Collettivo aperto con una studentessa catalana
Zona Risk, via Varchi, 3 – Milano

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