Catherine Deneuve, il "puritanesimo" e la libertà delle donne

Thu, 11/01/2018 - 12:17
di
Lidia Cirillo

La lettera pubblicata il 9 gennaio da Le Monde e firmata da intellettuali e attrici, la più nota delle quali è Catherine Deneuve, può essere anche letta come la reazione irricevibile e sbagliata a qualcosa di non meno discutibile. La lettera è un appello alle donne perché non cedano al “nuovo puritanesimo”; sostiene che se lo stupro è un crimine, il corteggiamento insistente o maldestro non è un delitto, né la galanteria un’aggressione maschilista; afferma che la legittima e necessaria presa di coscienza delle violenze sessuali esercitate sulle donne, si è trasformata in moralismo conformista. “Il puritanesimo usa gli argomenti della protezione delle donne e della loro emancipazione per meglio incatenarle a uno status di eterne vittime, di poverette dominate da demoni fallocratici, come ai bei tempi della caccia alle streghe”. Mentre “la confessione pubblica e l’incursione di procuratori autoproclamati nella sfera privata installano un crimine da società totalitaria”.

La prima osservazione da fare è che la lettera è politicamente sbagliata e sembra riflettere l’umore di donne che non sanno con precisione in quale mondo vivono e convivono. In realtà si sta celebrando in queste ultime settimane la fine della liceità di un fenomeno largamente diffuso, quello cioè delle molestie sessuali che ogni donna nella sua vita subisce. Non si parla né di femminicidio, né di stupro ma di qualcosa di diverso e che non è il corteggiamento insistente o maldestro che la lettera evoca e assolve.
Importunare e corteggiare, ha scritto qualcuna su Facebook, non sono sinonimi e ha pubblicato le rispettive definizioni tratte dal vocabolario della lingua italiana. Importunare vuol dire arrecare molestia, disturbare, infastidire, seccare. Ora il problema è che può capitare a una giovane donna di essere molestata, disturbata, infastidita, seccata dieci volte al giorno. La mano sul culo, il corpo a corpo non desiderato in metropolitana, gli inseguimenti e soprattutto, cosa ovviamente più grave, il ricatto del potere maschile alle legittime ambizioni delle donne, fanno parte della sua vita quotidiana.
Proprio negli stessi giorni in cui stralci della lettera hanno cominciato a circolare, la stampa italiana racconta del caso Bellomo, il magistrato che vuole le alunne in minigonna. Che tutto questo cominci a non essere più tollerato è semplicemente uno dei frutti maturi del femminismo, del suo permanere e della sua capacità di mutare il costume e il senso comune. Come in tutte le rivoluzioni ci sono “eccessi rivoluzionari” e modalità che talvolta possono anche non piacere, ma qualsiasi giudizio non può non distinguere tra ciò che è principale e ciò che è secondario.

Sempre della stessa incapacità di collocarsi nel mondo reale è anche la sopravvalutazione dei risultati della campagna contro le molestie. Almeno al di qua delle Alpi, siamo ai primi passi e le critiche agli eccessi sono arrivate prima ancora che gli eccessi suddetti potessero essere, non dico esercitati, ma almeno pensati. Inoltre la lettera ha il difetto di naturalizzare un fenomeno culturale: la pulsione sessuale – si dice – è per sua natura offensiva e selvaggia. Può darsi naturalmente, ma le molestie sono altra cosa. Il fatto che esse siano state tollerate, esibite o addirittura incoraggiate fa parte della cultura, tanto è vero che il loro spessore e la loro frequenza muta con il mutare dei contesti e dei tempi.
Il problema è che le vittorie vengono spesso cavalcate da discutibili cavalieri e questo accade anche per la campagna contro le violenze e le molestie. Si pensi per esempio a ciò che è accaduto sul dramma dei femminicidi. Una decina di anni fa uno degli striscioni di una grande manifestazione di donne spiegava che “l’assassino ha le chiavi di casa”. Allora la cosa non era affatto scontata perché ancora sopravviveva il mito dell’estraneo che violenta e che uccide. Fu grazie alle nostre manifestazioni, alle nostre spiegazioni e alle nostre insistenze che la magistratura cominciò a indagare soprattutto nel luogo effettivo in cui in cui nella maggioranza dei casi l’assassino si nasconde. Sono poi arrivate la spettacolarizzazione molesta, l’identificazione della violenza maschile sulle donne col fenomeno criminale, le campagne presunte femministe della televisione berlusconiana e tutto il resto a noi noto.
Non bisogna nascondersi che il successo della manifestazione del 25 novembre 2017 deve qualcosa anche a questa spettacolarizzazione, né bisogna scandalizzarsi. Ma gli inconvenienti delle vittorie impongono di mantenere alta la guardia. Il movimento di Non Una Di Meno italiano l’ha tenuta alta, non cadendo nella trappola mortale della domanda di più legge e più repressione. Altrettanto bisogna fare per la campagna contro le molestie, per cui davvero esiste il rischio di quello che la lettera chiama “nuovo puritanesimo”.

Ma attenzione! Qualcuna in Italia (Angela Azzaro, per esempio) ha condiviso, se non i contenuti della lettera, almeno la denuncia di moralismo, come effetto preoccupante della campagna. Sarebbe meglio invece non affidare all’appello firmato anche da Deneuve, il compito di fare in qualche modo da argine al fenomeno temuto. Il fenomeno si colloca ben al di là degli eventuali “eccessi rivoluzionari” della campagna contro le molestie; ha prodotto l’appello per la messa al bando universale della GPA (gravidanza per altri) e le richieste di persecuzione delle prostitute; ha dato corpo a un femminismo prescrittivo, detentore presunto di un’etica femminista che cerca di imporre alle altre attraverso la costruzione di un’ortodossia del desiderio. La libertà delle donne presuppone invece prima di tutto il riconoscimento del fatto che non esiste la Donna, esistono invece le donne con la diversità dei loro desideri e delle loro posizioni nel corpo sociale.
Riparliamone, ma solo dopo aver cestinato questa lettera!