Maker Faire. Ma di chi è l'innovazione tecnologica?

Tue, 20/10/2015 - 08:27
di
Marta Russo

Droni, robot e stampanti 3D: ecco cosa potreste avere incontrato lo scorso weekend per i viali della città universitaria della Sapienza. Sono i prodotti che decine di "fab lab" hanno presentato alla maker faire 2015. Un evento dalle dimensioni imponenti ormai alla sua terza edizione romana, più di 700 invenzioni e oltre 100mila presenze. La fiera è volta alla presentazione e diffusione della tecnologia innovativa prodotta dai makers, ovvero sviluppatori e inventori che hanno dato vita alle proprie idee e che in queste fiere espongono i propri prodotti.
Fin qui, per chi è del settore o è amante della tecnologia (o ne è solo curioso) il tutto può risultare affascinante e, perché no, anche un po' fantascientifico.

Nella mente di molti si sarà formulato il pensiero secondo cui un evento volto all'innovazione si svolga naturalmente all'università per dare spazio agli studenti e ai ricercatori. Ma non è così: il maker faire 2015 è una fiera dell'innovazione che si svolge all'università ma senza coinvolgere l'università. La città universitaria è stata affittata come mero spazio espositivo, ad appannaggio nemmeno dei maker ma delle grandi multinazionali che sponsorizzano l'evento. Perchè se è vero che gli espositori sono piccole aziende e fab lab, i finanziatori sono i grandi colossi della tecnologia e del software, come Google e Microsoft.

Come può una fiera dell'innovazione tecnologica escludere l'accademia dallo sviluppo? Guardando la fiera ci dovremmo chiedere come mai non ci sono i laboratori delle facoltà scientifiche ad esporre i loro robot o i loro software, perchè i makers non stanno nelle università ma si sono costruiti i propri laboratori e le proprie aziende, e qual è il ruolo dell'università oggi.
Ma ciò che più fa riflettere è il rapporto paradigmatico tra aziende e università. Le grandi aziende finanziano una fiera in cui poter decidere quali prodotti rappresenteranno il futuro (tecnologico), mentre le piccole aziende sono in competizione tra loro e l'università offre i suoi spazi per lo svolgimento dell'evento. Per dirla con una provocazione, un po' come il padrone che va al mercato mentre i contadini stanno a guardare...

Una relazione paradigmatica che evidenzia ancora una volta la differenza di investimenti tra privato e pubblico. L'università è esclusa dal contesto dello sviluppo tecnologico, asservito invece alle logiche del mercato.
La scelta dei maker di costruire i fab lab e dare spazio alla propria inventiva non è sbagliata, ma forse l'unica possibile. É l'effetto delle politiche di (non) investimento in questi settori, di un'economia sempre più volta al privato e all'interesse commerciale.

L'entusiasmo e l'esaltazione per la mercificazione dell'innovazione, rientra nelle previsioni di molti racconti di fantascienza scritti nell'ultimo secolo. Forse non si sono avverate le previsioni riguardo a macchine volanti e viaggi nel tempo, ma lo sconvolgimento di società asservite al potere e alla politica sembra sempre più reale.
Qualche giorno fa l'Huffington Post ha pubblicato una dichiarazione di Stephen Hawking, in cui il fisico di fama mondiale afferma che in un futuro il cui le macchine svolgeranno tutti i lavori manuali, la ricchezza non sarà uguale per tutti, ma dipenderà da come verrà distribuita, poichè sarà tutta concentrata nei possessori delle macchine e non nelle mani di chi non avrà più un lavoro da svolgere.
Pur non pensando che nella società capitalista il lavoro sarà mai interamente sostituibile dalle macchine, l'affermazione di Hawking coglie un punto fondamentale, assolutamente calzante anche se applicato alla Maker faire: la ricchezza tecnologica esposta in quei padiglioni è all'avanguardia, ma non è dell'università o dei makers, è nelle mani di Google & co.
Se è questa l'innovazione che ci viene proposta, è questo il futuro che vogliamo?