Su Radio Aut

Wed, 09/05/2018 - 10:46
di
Peppino Impastato

Per il quarantennale della morte di Peppino Impastato pubblichiamo questo documento preso dal libro “Radio Aut” (Edizioni Alegre, 2008) che ben restituisce il senso e gli obiettivi dell’esperienza radiofonica terrasinese, troppo spesso relegata nelle narrazioni mainstream ad una generica battaglia antimafia di natura culturale volta ad anestetizzarne il portato politico.
Peppino è stato un militante rivoluzionario, che collocava la lotta alla mafia nel contesto imprescindibile dello “scontro sociale e di classe”, convinto della necessità di organizzazione e di una pratica politica che non si limitasse ad un’estetica trasgressiva né ad un lavoro creativo ridotto a “spazio cuscinetto tra sinistra rivoluzionaria e istituzionale”.
Solo in una prospettiva di rottura è comprensibile l’esperimento di Radio Aut e la sua battaglia contro la “montagna di merda” che assieme allo Stato è parte integrante, combinata e sistemica di un modello di dominio, oppressione e sfruttamento basato sul profitto.

In aprile (1976) al Circolo Musica e cultura partiva la proposta dell’apertura di Radio Aut. Si apriva la discussione sui tempi e sui modi di realizzazione del progetto, da cui emergevano alcune esigenze: quella di trovare modi e spazi nuovi d’aggregazione e di lavoro politico-culturale e quella di superare la crisi di sfiducia che serpeggiava all’interno del “circuito”.
La disponibilità immediata del materiale radiofonico ha ridotto notevolmente i tempi d’installazione e quindi di discussione. Quando Radio Aut trasmetteva (primi di maggio), ancora non era in piedi un minimo di struttura redazionale che potesse garantire la continuità di produzione e di trasmissione a partire dalle proposte uscite già in sede di discussione, ed essere, al tempo stesso, momento di sintesi rispetto all’esigenza di apertura a tutte le realtà di base presenti in zona (Collettivo Femminista, Cons. di quartiere, comitato di disoccupati) e quindi essere momento d’intervento e di amplificazione politica.

Il primo periodo di trasmissione è stato caratterizzato da momenti di buona informazione, (con particolare riferimento ai fatti del 12 maggio a Roma, uccisione di Giorgiana Masi e campagna per gli otto referendum), all’interno di una programmazione radiofonica lasciata allo spontaneismo e all’improvvisazione. La fascia oraria di trasmissione (dalle 16 alle 24) registrava la continuità di due programmi soltanto, notiziari e “Onda Pazza” (peraltro non frutto di elaborazione redazionale) e sporadicamente la messa in onda di programmi, alcuni molto validi sul piano politico-culturale, frutto dell’iniziativa personale di qualcuno.

Le trasmissioni musicali coprivano un buon settanta per cento della fascia e, pur partendo dall’esigenza di dare spazio a generi non commerciali, non riuscivano però ad avere una loro organicità in quanto non collegate, in sede d’impostazione e commento, a fenomeni socio-politici e culturali di cui erano espressione più o meno diretta. Ciò nonostante, assente è stata la discussione per rispondere all’esigenza di mettere in piedi un minimo di gruppo redazionale che assicurasse organicità ai programmi. Comunque è stato quello il periodo di maggiore ascolto: alcune trasmissioni facevano registrare un indice senz’altro superiore a quello delle altre radio.

La spaccatura del quarzo ed altri inconvenienti di carattere tecnico immobilizzavano Radio Aut per un mese e mezzo. È stato uno spazio di tempo rimasto inutilizzato: sarebbe stato possibile infatti affrontare alcuni problemi d’organizzazione interna di vitale importanza per la costruzione e il funzionamento di una radio democratica. Ma il tipo di aggregazione che aveva caratterizzato “Musica e Cultura” si è rivelato come la cartina di tornasole anche a Radio Aut. Si tentava contemporaneamente anche il rilancio del circolo, a partire dalla proposta di organizzare, per i primi d’agosto, un secondo raduno musicale. È emersa subito l’esigenza di arrivare a un appuntamento di quel genere con un minimo di proposte politiche, sia nel senso della collocazione all’interno del movimento d’opposizione, sia nel senso d’apertura dell’iniziativa a tutte le istanze politico-culturali della zona e cittadine: in mancanza di questo si proponeva di trasformare il raduno in una festa finalizzata esclusivamente al finanziamento di Radio Aut.

Mostra sul rapporto mafia-territorio

Ne l’una né l’altra proposta passavano: il clima di sfiducia e il procedere della disgregazione vanificavano tutto. Si riusciva ad organizzare solo due spettacoli teatrali che portavano alle casse della radio circa 160.000 lire. Subito dopo, a partire da un’impennata di rabbia e di disperazione, si portava finalmente fuori la mostra sul rapporto mafia-territorio. Una notevole partecipazione che si è inserita in un contesto di divieto e quindi di sfida rispetto all’autorità costituita, ispirava la convinzione che ci si trovava davanti a un momento nuovo della vita e della storia del gruppo: il contatto con la piazza e l’inserimento all’interno di una festa in svolgimento focalizzavano però i nostri limiti e le nostre contraddizioni: in realtà eravamo soltanto portatori di una mostra e non protagonisti di una situazione politica che siamo riusciti, sì, a creare, ma non a gestire.

C’erano già stati i primi contatti con Villa Fassini in sede di discussione per la riapertura della Radio. Il rapporto con Villa Fassini ha avuto un impatto senz’altro negativo per Musica e Cultura e per Radio Aut, e cercheremo di vedere il perché. Innanzitutto esso è avvenuto sul terreno che ci è ormai abituale, quello dei rapporti umani e personali, poi, a partire dalle intenzioni di Villa Fassini di inserirsi all’interno di un processo di disgregazione già in atto per mancanza di retroterra politico, perché è stato apportatore di posizioni pseudoculturali e pseudo-ideologiche ammantate di efficientismo e funzionalità che, in assenza di valutazioni puntualmente critiche, hanno funzionato come acceleratore di disgregazione e di penetrazione all’interno del gruppo: è stato il momento in cui passava la proposta delle commissioni, a partire dalla teorizzazione del rifiuto di ogni impostazione di carattere politico. Sintomatico, a questo proposito, è stato il funzionamento di alcune commissioni: non momento di elaborazione politica e culturale, ma momento dello stare insieme (vedi tentata esperienza balneare della commissione cultura) a partire dal quale andare in sala trasmissioni per proporre non si sa bene cosa. Siamo alla vigilia della trasgressione “a chiappe selvagge”. L’allargamento della fascia oraria e il non funzionamento delle commissioni costituivano la caratteristica della nuova fase di trasmissione. In un contesto di spontaneismo selvaggio e di aumentata improvvisazione, marciavano comportamenti e atteggiamenti “originali” spacciati per “trasgressivi”: incredibili manifestazioni tra l’esibizionismo e il narcisismo, associate alla ricerca e alla proposizione forzata di un linguaggio “disinibito”, allucinanti stravaganze da rotocalco giornalistico venivano esibite come proposte di liberazione sesso-politica. Radio Aut rischiava di divenire lo strumento di un codice comportamentale pseudo-liberatorio e di certa filosofia “freak” che, da Parco Lambro in poi, ha prodotto soltanto situazioni di “pacifico accampamento ai margini della società del lavoro e della miseria”: la scissione del “personale” dal “politico” (rifiuto del politico) e la sua riduzione a dimensione privata (autarchia dell’esperienza) hanno contribuito a creare una situazione di vera e propria “atomizzazione” di settori di movimento tendenti ad allargarsi sempre più e a collocarsi in uno “spazio cuscinetto” tra sinistra rivoluzionaria e sinistra istituzionale. Il rifiuto dell’organizzazione, tipico di certa area creativa, si configurava di fatto come rifiuto della teoria rivoluzionaria: uno spazio-cuscinetto destinato a sfociare sul terreno del disimpegno qualunquistico e a disperdersi tra le braccia gratificanti della mamma revisionista: tutto questo a partire dalla radicalizzazione dello scontro sociale e di classe.

Area creativa e pratica rivoluzionaria

La tendenza del sociale all’autonomia comporta sì il rifiuto del politico inteso in senso tradizionale (delega, rappresentatività, centralizzazione burocratica ecc.), ma non il rifiuto dell’organizzazione autonoma di base e della teoria rivoluzionaria. In queste condizioni, ancora una volta, il “fumo” rischia di giocare il ruolo di veicolo di penetrazione per comportamenti e atteggiamenti, a dir poco pericolosi. Riteniamo sia urgente l’apertura di un dibattito, su scala generale, sul rapporto tra area creativa e pratica rivoluzionaria: in questo senso è stata concepita la lettera inviata a Lotta Continua e mai pubblicata.

Nonostante si fosse tentato di aprire più d’una volta, a Radio Aut la discussione su questa problematica, non è stato mai possibile farlo collettivamente e in maniera critica, anche se non sono mancate le polemiche e le forzature (allontanamento di Villa Fassini dalla radio). All’interno di un processo di accelerata disgregazione le trasmissioni continuavano a disarticolarsi e ad essere sempre più precarie: ancora una volta soltanto i notiziari e qualche trasmissione, frutto di iniziative personali rompevano il procedere caotico dell’attività della radio.
Cominciavano ad arrivare i primi contributi, anche se saltuari, del collettivo femminista. A metà settembre, vista l’insostenibilità di una fascia oraria così diffusa (9-24). si tornava a trasmettere dalle prime ore pomeridiane sino alla mezzanotte. Questa soluzione di per sé non risolveva i problemi di organizzazione radiofonica. Infatti emergeva subito l’esigenza di un collettivo redazionale, visto anche come collettivo politico e come momento di riaggregazione del gruppo sulla base di una penetrazione del sociale stesso all’interno della struttura.

L’inchiesta sulla condizione giovanile è stato il primo passo in questa direzione nuova, anche se ancora stenta a procedere: essa costituisce un tentativo di analisi e d’intervento sulla base dell’elaborazione di una piattaforma politica e della “rifondazione” di Musica e Cultura e Radio Aut.
La costituzione del Collettivo è il momento centrale di analisi e di sintesi di quasi due anni di attività. In questo senso, e solo in questo, è da intendere l’interruzione delle trasmissioni di Radio Aut e la costituzione di una commissione aperta che si occupi di ricercare linee di discussione critica sulle esperienze precedenti e proposte di analisi e di interventi politici.
Riteniamo che sia il momento di operare delle scelte che possano risolvere la crisi che stiamo vivendo e aprire la possibilità di esperienze sociali e culturali da valutare collettivamente nelle loro articolazioni, per un nuovo rapporto con la realtà ambientale e territoriale.