I movimenti della comunicazione

Sun, 02/03/2014 - 20:38
di
Gresbeck

Alice è ancora il diavolo? A leggere il libro di Danilo Mariscalco Dai laboratori alle masse. Pratiche artistiche e comunicazione nel movimento del '77 (ombre corte, 2014) sembrerebbe di sì. A guardare invece la produzione culturale e i modelli comunicativi del "movimento" odierno i dubbi sono più che legittimi. Senza entrare nel merito di cosa si intenda oggi per "movimento", la sua composizione sociale e politica, le sue pratiche di autorappresentazione, è il ragionamento di fondo, che ricorre nel testo, che lascia perplessi. Radio Alice intesa come simbolo e metafora della comunicazione del movimento del '77, luogo della "guerriglia informativa", strumento che ha sovvertito il rapporto tra chi trasmette e chi ascolta, avrebbe generato una specie di moto ondoso i cui effetti si vedono ancora oggi a più di trent'anni dalla chiusura da parte degli apparati dello Stato.

Politicizzare Dada

Certamente dal punto di vista comunicativo fu una stagione eccezionale: dal '75 al '77 sono nati una settantina di nuovi fogli e riviste e quasi duecento radio che si collocavano a sinistra se non nell'area del movimento. Centinaia di migliaia di ascoltatori attivi che intervenivano nel e sul palinsesto delle radio e quasi 250 mila copie vendute delle nuove riviste. Sono gli anni della trentina di centri sociali aperti a Milano da quello che allora si definiva "proletariato giovanile" e della contestazione di massa del cosiddetto modello emiliano che si reggeva sulla filiera politica ed economica di Pci-Cgil-Arci-Lega delle Cooperative. Radio Alice e la rivista, anch'essa bolognese, A/traverso hanno rappresentato i momenti più avanzati della sperimentazione comunicativa, linguistica e per certi aspetti artistica di quel movimento. I riferimenti alle avanguardie artistiche dei primi del '900, dal futurismo russo al dadaismo soprattutto berlinese, alle incursioni situazioniste della fine degli anni 60 hanno costituito il background che ha dato luogo a una sorta di corto-circuito "virtuoso" che ha reso disponibile nella quotidianità politica di uno strato non indifferente di giovani una cultura considerata "alta", prima frequentata solo da un'élite sociale e accademica. Insomma il tentativo di politicizzare Dada attraverso Majakovskij e Artaud dai microfoni di una radio, attraverso innovative composizioni grafiche permesse dalla diffusione della stampa offset, con i primi usi alternativi del videotape, mediante un linguaggio sempre pronto a cambiare registro. Il linguaggio e l'informazione sono terreni in cui si gioca tuttora una battaglia vera, non sono la semplice inserzione di contenuti nuovi entro modelli comunicativi vecchi.

L'impatto sulla cultura della sinistra fu notevole. Si aprì uno squarcio dal quale si potevano intravvedere le molte potenzialità artistiche e comunicative di quel movimento. Venivano messi fuori gioco le forme e i contenuti di uno stantio realismo socialista all'italiana che caratterizzava tanta parte della sinistra anche rivoluzionaria. Il linguaggio dei sacrifici e dell'austerità (anche allora!) di berlingueriana memoria era decostruito con l'ironia, la trasformazione arbitraria del contesto, la "falsificazione" e il détournement situazionista. La reazione non tardò ad arrivare. Dal " bisogna isolarli e colpirli" di Fabio Mussi al "non si può più tentennare, lo squadrismo è squadrismo, il fascismo è fascismo, anche quando si chiama con altre parole" di Massimo d'Alema per citarne due ancora oggi sulla scena politica. Dichiarazioni e prese di posizione, insieme a molte altre del gruppo dirigente del Pci, che hanno favorito e sostenuto il dispiegamento della repressione statale tanto da schiantare quell'esperienza.

Comunicazione e composizione di classe

Mariscalco nel suo libro va alla ricerca delle linee di continuità tra allora e oggi. Lo fa però amplificando oltre misura alcune tendenze allora presenti e retrodatando fenomeni che si sono verificati - almeno si presume - nei decenni successivi. Che nelle pratiche culturali e comunicative del movimento del '77 ci fossero delle anticipazioni in parte rielaborate in esperienze conflittuali successive è un dato incontrovertibile, basti pensare alle autoproduzioni musicali, letterarie, alla sovrapposizione dei linguaggi. Dall'altra parte però la sussunzione, cambiandone il segno, di quelle stesse pratiche ad opera dell'industria comunicativa e culturale non ne permette il semplice recupero. Una contraddizione che nel libro si tenta di ovviare riproducendone un'altra ancora più grande. In sintonia con buona parte dell'operaismo e post-operaismo italiano si descrive un comando capitalistico tutto politico, quasi onnipotente, che valorizza sapere, corpi, vite, cultura e comunicazione. E al tempo stesso si pensa come necessariamente contraddittoria, e potenzialmente sovvertitrice del capitale, la relazione tra lo sviluppo delle forze produttive e il mantenimento dei rapporti di produzione capitalistici. In altre parole per interpretare la produzione culturale e comunicativa del movimento del '77, nonché contemporanea, si fa uso del Marx "meccanicista" della Prefazione del 1859 alla Critica dell'economia politica. In che modo poi la produzione comunicativa si leghi a una soggettività considerata latente nell'ultimo trentennio, costituita da un'intellettualità di massa identificata con il general intellect ed elevata a fonte principale di produzione del valore, apre più problemi di quanti ne voglia o possa risolvere. L'impasse è notevole e non se ne esce se non abbandonando quegli approcci troppo lineari, che non vengono smentiti pur nominandoli in vario modo, sulle trasformazioni di una composizione di classe.

Verso una comunicazione multiforme?

Nell'epoca in cui i movimenti sociali usano piattaforme web 2.0, blog, il live streaming e i social network è evidente che si ponga il problema di come articolare le varie forme della comunicazione. Radio Alice fece una rivoluzione comunicativa mandando in diretta, senza filtri, le telefonate degli ascoltatori che diventavano così anche critici musicali, recensori di libri e corrispondenti sul posto di lotte e avvenimenti. Ebbene quel periodo si è chiuso perché non esiste più quella specifica composizione sociale che diede vita a quel movimento. Sono radicalmente cambiati i processi di soggettivazione politica e culturale: più ibridi e frammentati, meno visibili e non più immediatamente socializzabili. In questo panorama non ci si può sottrarre alla sperimentazione di nuove forme di comunicazione che mettano in relazione i vari strumenti con vari linguaggi senza gerarchie predefinite. Non si tratta più, semmai lo sia stato, di trovare un'impossibile sintesi o il medium che sussumerà tutti i messaggi comunque codificati. Il rischio di una comunicazione amministrata con un medium in cima alla piramide comunicativa, che sia un sito web, una radio, un social network, dal quale si diffondono i messaggi via via adattati ad altri strumenti e altri contesti sociali e politici, è sempre presente. Si è chiamati quanto meno a ridefinire la cornice della produzione comunicativa, come verrà disegnato lo spazio intermo è un discorso aperto.