Versilia, 20 anni di lotte contro l'incenerimento dei rifiuti

Fri, 07/03/2014 - 11:38
di
Blocco Anticapitalista versiliese

In Versilia, e nella provincia di Lucca, la lotta contro gli inceneritori dura ormai da alcuni decenni. La pratica di gestire i rifiuti attraverso il sistema delle discariche e dagli impianti di incenerimento è sempre stata da chi governa, a torto, considerata come l'unica soluzione possibile.
Come compagni del Blocco Anticapitalista ci stiamo impegnando sulla questione. Ci siamo sempre opposti alla costruzione di inceneritori. Assieme ai comitati e alle associazioni ambientaliste abbiamo sviluppato una critica a questi piani di gestione dei rifiuti e abbiamo contribuito a costruire mobilitazioni.
Abbiamo avuto sempre ben chiaro che sono esistite ed esistono due visioni diametralmente opposte con interessi contrastanti. Da una parte coloro, privati e istituzioni, che hanno sempre sostenuto il cosiddetto ciclo integrato dei rifiuti formato essenzialmente da impianti di incenerimento e discariche. Dall'altra parte, i movimenti e i comitati ambientalisti che hanno chiara l'importanza delle valorizzazione della materia presente nel rifiuto e la necessità di riutilizzarlo attraverso impianti di riciclo. Insomma la linea di demarcazione è tra i privati e istituzioni (nazionali, regionali o locali) che sostengono gli interessi di lobby e i profitti sicuri per i soliti noti e chi, invece, come i movimenti, i comitati e le comunità locali portano avanti istanze di cambiamento, di innovazione, di tutela della salute e dell'ambiente con un piano alternativo dei rifiuti e conseguentemente uno sviluppo economico altro sul territorio. Le istituzioni, a qualsiasi livello, come abbiamo constatato in tutti questi anni hanno avuto come riferimento i poteri forti e quindi hanno privilegiato gli interessi delle lobby private. Sia nel settore dei rifiuti urbani che in quello dei rifiuti industriali e speciali queste scelte di indirizzo sono evidenti. Privilegiando gli interessi dei privati, si sono colpiti gli interessi collettivi del territorio, del mondo del lavoro e della tutela dell'ambiente e della salute. Hanno cercato strumentalmente di mettere contro gli interessi del lavoro con quelli della salute. A questo ci siamo sempre opposti come ci siamo opposti alle privatizzazioni portate avanti sia dal centrodestra sia dal centrosinistra.
La regione Toscana ha approvato un piano regionale che ha come obbiettivo sostanziale quello di aumentare il livello di incenerimento dei rifiuti. Nessun incremento di trattamento meccanico biologico a freddo. Nessun aumento della raccolta differenziata. Nessun incentivo per promuovere la nascita di filiere per il recupero di materia. La scelta di costruire nuovi inceneritori comporta, di fatto, la rinuncia implicita al potenziamento della raccolta differenziata. Questi indirizzi politici non permetteranno mai di raggiungere livelli accettabili di raccolta differenziata che permettano di poter cambiare concretamente la gestione dei rifiuti. Le scelte della regione Toscana sono inequivocabili: continuare ad ignorare le leggi e le norme della comunità europea. Rossi ha voluto, ancora, soddisfare le richieste di investimenti privati che con la costruzione di costosissimi impianti vedranno fruttare i loro capitali anche tramite utenze sempre più care. In Versilia, così come in tutta la Toscana, aumentano i costi delle bollette pagate dai cittadini. A giugno dell'anno scorso siamo scesi in piazza al fianco dei comitati per contrastare il piano regionale e per proporre un'alternativa che non prevedesse nuovi inceneritori bensì la chiusura di quelli esistenti. Abbiamo distribuito volantini dove spiegavamo che investire nella raccolta differenziata significa creare ricchezza per le comunità locali creando nuovi posti di lavoro. Con la conferma della politica incenitorista il presidente Enrico Rossi vuole far arricchire le aziende private che si aggiudicheranno il servizio di gestione dei rifiuti. Le cosiddette pratiche virtuose portate avanti da alcuni comuni vengono messe in crisi da queste scelte politiche.
La lotta contro l'inceneritore in Versilia dura da oltre vent'anni. Nel 1994 la regione Toscana, con l'allora presidente Vannino Chiti e l'assessore ambientale Claudio Del Lungo incaricarono come commissario Roberto Daviddi. Daviddi decise di realizzare un nuovo inceneritore che sostituisse il precedente ormai vecchio e giunto alla fine del suo ciclo di funzionamento. Ebbe gioco facile anche grazie all'inconcludenza di alcuni sindaci sul tema della gestione dei rifiuti. La regione impose questo progetto nonostante l'opposizione dei cittadini che diedero vita a diversi comitati. La zona scelta dove realizzare il nuovo impianto di morte fu la stessa, tra il Pollino e Falascaia, nel comune di Pietrasanta, dove sorgeva il vecchio responsabile di numerosi casi di neoplasie. La mobilitazione dei cittadini fu provata a stroncare dal commissario Daviddi e dalle forze di polizia che intervennero manu militari davanti all'impianto con cariche. Novantaquattro persone, appartenenti ai vari comitati, furono, persino, rinviate a giudizio e dovettero affrontare un lungo processo prima di venire assolti. Nonostante questo clima di repressione e criminalizzazione la lotta segnò un punto, riuscendo a fare approvare alla provincia di Lucca un piano di gestione dei rifiuti che non prevedeva l'impianto di incenerimento. La regione Toscana non prese mai in considerazione il piano e dopo poco tempo lo definì nullo. In questi anni ci furono imponenti manifestazioni autorganizzate che videro assieme centri sociali, associazioni ambientaliste e comitati che portarono in piazza migliaia di persone.
L'inceneritore entrò in funzione con la delibera n°890 della giunta regionale toscana il 5 agosto 2002 che con un atto di forza impose l'avvio dell'impianto contro la volontà del territorio versiliese e il parere di diversi esperti. Nonostante, oggi, l'inceneritore sia chiuso a seguito di un'indagine della Procura della Repubblica di Lucca, su sversamenti di sostanze tossiche nel canale Bacatoio da parte dei dirigenti della multinazionale Veolia che gestiva l'impianto, tale delibera è ancora vigente. Le rassicurazioni dei sindaci e della provincia non sono sufficienti a tranquillizzare la popolazione perché fino a che rimarrà in vigore quella delibera l'impianto può essere teoricamente riaperto. Il presidente della regione Enrico Rossi, incenitorista convinto, ha detto proprio pochi giorni fa rispondendo ad una richiesta formale dei comitati che con una lettera protocollata richiedevano l'annullamento delle delibera 890 che questo non è tra le priorità imminenti della giunta regionale.
Il gioco del PD è chiaramente ambiguo, da una parte dirsi contro votando in provincia contro la riapertura dell'impianto, dall'altro non annullare la delibera in regione. Lasciandosi, di fatto, aperte tutte le opzioni. Proprio il nuovo piano regionale dei rifiuti prevede la costruzione di nuove discariche e inceneritori anche se i luoghi non sono stati ancora scelti.
In Verilia, l'inceneritore mostrò subito una carenza tecnica ma le denunce non vennero prese in considerazione né dalla provincia, né dall'ARPAT, l'ente che avrebbe dovuto controllare il regolare funzionamento dell'impianto e tutelare la salute dei cittadini. Provincia e ARPAT rassicuravano sempre i comitati sul fatto che l'impianto funzionasse in modo regolare e che i dati di emissione delle sostanze nocive erano sotto i parametri di sicurezza stabiliti per legge. In seguito, all'ennesima denuncia di una attivista di un comitato e della rete ambientale, la magistratura accertò che i valori delle emissioni di sostanze nocive avevano superato parecchie volte i parametri stabiliti e che erano stati taroccati perciò decise di chiudere l'impianto e di avviare alcuni procedimenti penali. Attualmente i processi sono in corso di svolgimento presso il tribunale di Lucca dove ad ogni udienza si svolgono presidi a cui partecipiamo per vigilare il regolare svolgimento del processo e per ottenere la condanna della multinazionale Veolia responsabile primaria dei danni arrecati alla collettività. Diversi presidi si sono svolti anche davanti alle riunioni di Ato Costa, l'ente che riunisce le province di Massa Carrara, Lucca, Pisa e Livorno, per chiedere la conversione degli impianti per la lavorazione dei rifiuti e puntare verso l'obbiettivo “Rifiuti Zero”.
Continueremo ad impegnarci per contrastare il processo di riorganizzazione e privatizzazione dei servizi ambientali delle aziende pubbliche e a sostenere la valorizzazione della materia chiedendo il potenziamento della raccolta differenziata, del riciclo e del riuso. A tal proposito abbiamo promosso una petizione conto il piano regionale dei rifiuti che ha riscontrato un grande successo. Abbiamo raggiunto quota 1000 firme, raccolte nei vari comuni della Versilia. Il piano regionale voluto dal presidente Rossi prevede la costruzione di nuovi inceneritori e discariche e ignora il progetto “Rifiuti Zero”. Queste scelte scellerate oltre a minacciare l'ambiente e la salute, non dimentichiamo il triste record della Versilia per quanto concerne il numero di neoplasie, ha anche conseguenze economiche che gravano sulle tasche dei cittadini. Con la petizione chiediamo alle amministrazioni comunali di avere il coraggio di dire no al piano regionale sui rifiuti. Non vogliamo la costruzione di nuovi inceneritori, nella riapertura di vecchi. L'impianto di Falascaia per noi andrebbe demolito e l'area bonificata. Chiediamo che si riducono le tariffe di TARES, TARSU e TIA e che si investi sulla raccolta differenziata, la quale creerebbe nuovi posti di lavoro.