Emergenza clima e indifferenza generale

Wed, 05/02/2014 - 19:41
di
Daniel Tanuro

Il Gruppo di Esperti Internazionale sull’’Evoluzione del Clima (GIEC) ha cominciato a rendere pubblico il suo quinto rapporto. Come i precedenti consiste in tre volumi, redatti ciascuno da un gruppo di lavoro: scienza del cambiamento climatico, impatti/adattamento, vulnerabilità/prevenzione. Ciascuno di questi volumi dà luogo ad un riassunto per i decisori, il cui contenuto è oggetto di una laboriosa negoziazione con i rappresentanti degli Stati. Il riassunto del primo volume, sulle basi fisiche del riscaldamento, è stato messo online il 27 settembre. Il suo contenuto - ancora una volta - è estremamente allarmante.

Nessun dubbio
Non solo gli 800 autori del rapporto confermano che il riscaldamento è dovuto principalmente all'"attività umana" ma aumentano il grado di certezza di questa affermazione, che è ora, secondo loro, superiore al 95% (90% nel quarto rapporto). I fattori naturali giustificano un aumento di temperatura di 0,1 °C dal periodo preindustriale. Poca cosa rispetto all’aumento osservato, che è di 0,85°C.
Sotto l’influenza dei climato-scettici (si dovrebbe dire: climato-negazionisti) i media hanno chiosato sul riscaldamento da quindici anni: è vero che la curva delle temperature annuale dà l’impressione di una stabilizzazione, ma la realtà è diversa quando si esamina il grafico delle medie decennali. Su questo il riscaldamento non rallenta, anzi accelera. La spiegazione è che per il sistema climatico, essendo estremamente complesso, le oscillazioni meteorologiche a breve termine non permettono di tirare delle conclusioni sulle tendenze a lungo termine.

+4°C
Secondo il peggiore scenario degli autori, l’aumento di temperatura più probabile sarebbe di 4°C da adesso fino alla fine del secolo, vale a dire uno scarto tanto grande quanto quello che ci separa dall’ultima glaciazione, cioè ventimila anni fa. Per capire bene questa proiezione, bisogna sapere che le proiezioni dei rapporti precedenti si sono rivelate tutte inferiori alla realtà osservata nel periodo seguente .
Uno studio l’ha confermata recentemente: il GIEC non è catastrofista. Al contrario: tutta una serie di meccanismi tendono a moderare la diagnosi.Tra questi meccanismi, la volontà più o meno cosciente dei ricercatori di non superare i limiti – soggettivi – di ciò che parrebbe "ragionevole". La possibile liberazione massiccia di metano dal permafrost, chiaramente, non è presa in considerazione nei modelli.
Contrariamente al rapporto precedente, questo quinto rapporto non esclude più la possibilità che delle emissioni di gas serra permettano ancora di restare sotto la soglia di 2°C di aumento della temperatura rispetto al periodo pre-industriale. Ma questa buona notizia è molto relativa nella misura in cui:
1. I governi sono lontani più che mai nel cominciare a prendere le misure adeguate;
2. Le conseguenze di un riscaldamento inferiore a 2°C sono le più severe che si possano pensare finora. "Da notare in particolare: i progressi delle conoscenze sulla storia dei climi permette di affermare che il livello degli oceani era da 5 a 10 metri più elevato (e non da 4 a 6 metri) quando, nell’ultima interglaciazione, 120 mila anni fa, faceva più caldo da 1 a 2°C più di oggi".

Oceani: da +1 a 3 metri
Questo "Riassunto per i decisori" lo conferma: l’aumento del livello è sicuramente la conseguenza minima prevista dal riscaldamento. Il fenomeno è stato veramente sottostimato: infatti, le osservazioni hanno messo in luce un innalzamento di 3 mm ogni anno al posto dei 2 mm attesi. Il quarto rapporto, 6 anni fa, dava una forchetta di aumento tra 18 e 59 cm da ora fino alla fine del secolo. D’ora in poi gli specialisti parlano dai 28 ai 98 cm e di più se la calotta glaciale dell’Antartide ovest diventa tanto instabile quanto quella della Groenlandia. Senza riduzioni di emissioni, i mari saliranno da 1 a 3 metri da adesso fino al 2300.
Queste proiezioni fino a 3 secoli non riguardano la fine della storia: considerata l’inerzia termica delle masse d’acqua e di ghiaccio, occorreranno da mille a due mila anni perché il sistema raggiunga un nuovo punto di equilibrio. Secondo Anders Leverman, coordinatore del capitolo "livello degli oceani" nel rapporto del GIEC, ogni grado di aumento della temperatura, rispetto al periodo pre-industriale porterà inevitabilmente un innalzamento finale di 2,3 metri del livello dei mari. Abbiamo raggiunto attualmente un aumento di 0,85°C e il rapporto, ricordiamolo, prevede un aumento di 4°C da qui alla fine del secolo. Se Levermann ha ragione, ne deriva - inevitabilmente, ricordiamolo - un aumento del livello del mare di circa… 10 metri.
Le minacce contro le zone costiere dove vive la maggior parte dell’umanità non sono la sola fonte di inquietudine. Il rapporto conferma gli altri impatti dovuti al riscaldamento: più desertificazione nelle regioni aride, più precipitazioni nelle regioni umide, accentuazione dei fenomeni meteorologici estremi, acidificazione degli oceani, indebolimento delle correnti marine ecc. Il seguito di questa serie nera sarà oggetto del secondo volume sull’impatto e l’adattamento.

Il battello affonda…
Buon insegnamento per le generazioni future: porterà un bell’aiuto sapere che questa catastrofe irreversibile (su scala di vite umane) aveva preso forma quando i governanti e le istituzioni internazionali avevano la bocca piena di belle parole sullo "sviluppo durevole".
Il battello affonda e nessuno se ne preoccupa? Non tutti: gli armatori si sfregano le mani perché i loro battelli sono sempre di più a passare il grande Nord, i petrolieri gioiscono perché la sparizione delle banchise permetterà di sfruttare i giacimenti off shore dell’Artico, le lobby energetiche scalpitano sui gas da scisto per ridurre il prezzo dell’elettricità, la Cina e l’India costruiscono senza fermarsi centrali a carbone e il presidente Correa sacrifica il parco Yasuni sull’altare dello sviluppo capitalista che lui chiama "rivoluzione Cittadina"...
Solo il mondo del lavoro può mettere fine a questa corsa nell’abisso. Ma lo potrà fare abbandonando la strategia di "ripartire i frutti della crescita" e favorendo una strategia della contestazione dell’accumulazione capitalista che "esaurisce le due sole fonti di ogni ricchezza: la terra e il lavoratore". Una strategia ecosocialista per uscire dall’alienazione produttivo-consumistica e soddisfare i bisogni, democraticamente determinati, nel rispetto dei suoi limiti naturali. Inutile dire che è urgente.

Traduzione di Giovanni Peta.