Discarica di Battaglina, un ecomostro di 3 milioni di metri cubi

Sun, 16/02/2014 - 11:46
di
Gennaro Montuoro

Il 9 gennaio un grande corteo ha invaso il piccolo centro di Borgia, un comune dell’entroterra calabrese, per chiedere il blocco dei lavori della costruenda discarica che sta sorgendo a pochi chilometri dal centro abitato. Diverse migliaia di persone sono scese in piazza contro chi ha voluto questo mega impianto spacciato per isola ecologica dalla Sirim srl, la società proponente e futuro gestore.
La vertenza chiaramente è solo agli inizi ed i comitati in lotta hanno dato prova di grande autonomia e di forte capacità di mobilitazione riuscendo a portare allo scoperto le tante responsabilità della Regione, della Provincia e dei comuni interessati.
Oggi le stesse amministrazioni locali corrono ai ripari scaricando le responsabilità su chi li ha preceduti nella gestione della cosa pubblica ed approvando – sotto, chiaramente, la forte ed imponente pressione dei comitati no discarica sorti nel frattempo – delibere di revoca delle autorizzazioni ed esposti alla Procura della Repubblica.
Quest’ultima, nel frattempo, ha riaperto il fascicolo sul caso Battaglina frettolosamente archiviato nel 2012.
Si, perché la storia di questa discarica, che interessa principalmente due comuni dell’istmo di Marcellinara, San Floro e Borgia (come proprietario dell’agro), assume connotati che sfociano nell’assurdo sin dalla semplice denominazione - “Isola Ecologica di Battaglina” - che di ecologico non ha nulla visto che si tratta effettivamente di una discarica di rifiuti tra le più grandi d’Europa, con una capacità di abbanco di circa 3milioni di metri cubi.

Già nel gennaio del 2011 il Corpo Forestale aveva sequestrato il cantiere bloccando i lavori perché realizzati su un sito sottoposto a vincolo in quanto terreno attraversato da fuoco perché, appunto, colpito da un fortissimo incendio che distrusse diversi ettari di macchia mediterranea.
Malgrado il colpevole assenso di tecnici e amministratori dei Comuni di San Floro e Borgia, della Provincia di Catanzaro e della Regione Calabria, nel corso dei controlli effettuati, la Forestale aveva accertato che i lavori iniziati per la realizzazione della discarica (che in apparenza era in possesso di tutti i requisiti, le autorizzazioni ed i nulla osta previsti) in realtà erano in palese violazione di numerose norme e leggi vigenti.

Durante la visione degli atti sequestrati fu messo in evidenza che la Sirim Srl aveva avviato la realizzazione della discarica presentando gran parte degli atti e della documentazione, necessaria per l'acquisizione delle autorizzazioni e dei nulla osta previsti, palesemente falsa. Solo così infatti era stato possibile superare i vincoli inibitori esistenti quali quello idrogeologico e, soprattutto, quello previsto dalla Legge 353/2000 derivante dall'incendio boschivo che, come accennavamo prima, ha interessato l’area nel 2007.
Qualcuno dotato di particolare malizia potrebbe a questo punto rimarcare che l’incendio sia stato funzionale a creare le condizioni per degradare a tal punto l’area da poterci realizzare sopra solo una discarica. Ma queste considerazioni le lasciamo ai malpensanti!

Così la Sirim Srl nel marzo del 2013 ha riaperto il cantiere in virtù di un decreto di compatibilità ambientale vecchio di 4 anni e questo perché il procedimento penale è stato archiviato nell’ottobre del 2012 nonostante l’intervento della Forestale e, soprattutto, il pronunciamento della Corte di Cassazione Penale la quale, con sentenza n.16592 del 31.03.2011, rigettava il ricorso del legale rappresentante della Sirim Srl contro il provvedimento di sequestro.

L’impianto ha una capacità totale di interramento di circa 3 milioni di metri cubi con un limite di conferimento di 300 tonnellate/giorno. Questa enorme buca sta sorgendo su un terreno che dal punto di vista sismico ed idrogeologico presenta diverse criticità, a partire dalla sua elevata permeabilità. Ciò comporterà inevitabilmente fenomeni di liquefazione durante un eventuale evento sismico e di infiltrazione di percolato che andrà ad inquinare le falde acquifere delle sorgenti che alimentano i serbatoi di acqua potabile che viene quotidianamente utilizzata per bere, cucinare e lavare. Marmoro-Giardinelli, Catano-Barone, Limbè, Migliarese-Maricello, Vrisa, Vattindieri, questi sono i nomi delle principali sorgenti che captano l’acqua proprio dalle falde che passano sotto la discarica.
Se al fenomeno dell’inquinamento da percolato aggiungiamo anche qualche “fenomeno collaterale” come quello delle neoplasie che frequentemente colpiscono i cittadini che vivono nei pressi delle discariche, allora il quadro diventa veramente fosco ed allarmante.
Sono tanti, quindi, i comuni interessati agli effetti di questo ecomostro, e questo, in parte, spiega l’imponente corteo di Borgia e le tante adesioni di abitanti, associazioni, collettivi ed organizzazioni ambientaliste ai comitati no discarica.
Ma alla vastità del progetto e della popolazione, va principalmente aggiunto l’importante e fondamentale lavoro di controinformazione dal basso e di mobilitazione che hanno svolto i comitati territoriali.
Tutelare l’equilibrio ecologico del posto per poterlo consegnare alle future generazioni è fondamentalmente ciò che lega tutti i soggetti che si stanno mobilitanti in queste settimane contro la discarica.
Intere comunità in lotta anche contro chi sta tentando di mettere il cappello alle mobilitazioni, perché si sa, quanto c’è odore di elezioni nell’aria (che oggi per molti cittadini è insopportabile quasi come l’olezzo che produce la discarica) tutti improvvisamente diventano ambientalisti e si scherano a fianco dei cittadini dimenticandosi delle loro (dirette o indirette) responsabilità sulla vicenda.
Così succede che Pd, M5S e CGIL escano con delle proposte e posizioni subito rispedite al mittente dai comitati in lotta, e quando si accorgono di avere tutta lo loro comunità di riferimento sostanzialmente contro, cercano di correre ai ripari con rettifiche e conferenze stampa.

Intanto il 16 gennaio il comitato confluisce di nuovo in piazza con migliaia di persone per presidiare il consiglio comunale di Borgia; anche in questo caso non sono mancati forti momenti di tensione contro gli amministratori locali rei di posizioni non del tutto limpide rispetto alla vicenda Battaglina.
Nello stesso giorno anche la Regione Calabria, dietro la grande pressione popolare, avvia formalmente l’iter di sospensione della Autorizzazione Integrata Ambientale alla Sirim Srl.
Questi primissimi passi (non sufficienti a scongiurare la realizzazione dell’ecomostro) dimostrano, se ce ne fosse ancora bisogno, che più di ogni altra iniziativa, quella della mobilitazione di massa risulta oggi l’unica arma vincente che le comunità in lotta hanno per ribaltare a proprio vantaggio i rapporti di forza.

Provando poi ad ampliare l’analisi, uscendo dal contesto strettamente locale, la discarica della Battaglina si andrà, chiaramente, ad inserire in un’area già irrimediabilmente devastata da due discariche, quella di Pianopoli e di Alli, e da un mega parco eolico già soggetto ad inchieste per presunte truffe in odor di ‘ndrangheta.

A breve, se non si riuscisse a bloccare il nuovo impianto della Battaglina ed il previsto ampliamento di Pianopoli, l’area potrebbe accogliere oltre 5 milioni di metri cubi di rifiuti, divenendo di fatto il cuore del sistema rifiuti in Calabria e ciò sarebbe accolto con grande soddisfazione da chi in questi anni con il sistema rifiuti regionale ha fatto cassa!
E’ proprio a livello regionale, infatti, che emerge chiaramente il disegno politico della Giunta Scopelliti che con un imponente finanziamento di circa 250 milioni di euro continuerà a potenziare discariche, impianti TBM ed inceneritori senza neanche l’ombra di un centesimo per la raccolta differenziata e per progetti di riduzione, riciclo e riuso dei rifiuti! Questi soldi, ancora una volta finiranno nelle tasche di ‘ndranghetisti e losche figure dell’imprenditoria regionale e multinazionale.

D’altronde 15 anni di commissariamento per l’emergenza rifiuti in Calabria sono serviti soltanto per l’arricchimento di questi soggetti portando l’ammontare dei finanziamenti ricevuto ad oltre 1000 milioni di euro e facendo scivolare il sistema al collasso più completo tant’è che il Presidente Scopelliti “si è visto costretto” ad emettere due ordinanze in deroga per permettere l’abbanco tal quale visto l’enorme quantità di rifiuti che giacevano per le strade della regione. Questo ha comportato lo sversamento illecito dei rifiuti senza il trattamento obbligatorio. Cosa è stato conferito in discarico lo lasciamo immaginare al lettore, d’altronde tra navi dei veleni e rifiuti interrati negli alvei dei fiumi e tra le nostre montagne non è difficile immaginare cosa sia potuto arrivare nelle discariche calabresi.

Inevitabilmente questa battaglia si intreccia con le tante vertenze portate avanti in quest’ultimo decennio, dai tanti comitati contro la privatizzazione dell’acqua riuniti nel Coordinamento Calabrese Acqua Pubblica “Bruno Arcuri”.
La Sorical SpA società mista pubblico-privata, ora in liquidazione, che gestiste gli acquedotti e vende l’acqua all’ingrosso a gran parte dei comuni calabresi, ha avuto come partner privato la Veolia, colosso francese che in Calabria gestiva anche alcune discariche nonché l’inceneritore di Gioia Tauro.
Le vicende di questo colosso e della Sorical SpA sono lunghe e per un approfondimento rimandiamo al sito del coordinamento (www.abccalabria.org) ma sicuramente va ricordato che anche in questo caso la popolazione calabrese non è stata a guardare.

Diverse iniziative, infatti, hanno visto impegnati i movimenti e la popolazione uniti contro le truffe delle tariffe illegittime e la privatizzazione del servizio idrico.
La recente campagna di raccolta firme per una legge regionale di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato, sostenuta da 11mila firme di cittadini calabresi, ha per l’ennesima volta ribadito il volere delle comunità calabresi che, dal 2011 in poi si mobilitano contro i tentativi di usurpazione dell’esito referendario e di far profitti sui beni che appartengono alla collettività.

Resta comunque chiaro che oltre trent’anni di ubriacatura neoliberista hanno portato non soltanto un assalto del capitale ai beni collettivi con ricadute sulla salute e sulla qualità dei servizi pubblici, ma anche un cambio di lessico da parte del mercato: oggi le imprese della green economy parlano di energia da fonti rinnovabili e di isole ecologica propinandoci mega impianti eolici, fotovoltaici e discariche che, di verde ed ecologico hanno ben poco, ma hanno come chiaro ed incontrovertibile obiettivo quello del profitto.

La Calabria, come la gran parte delle regioni del Mezzogiorno, ha un esubero produttivo di energia elettrica pari al 78% rispetto al fabbisogno interno, questo implica che i mega impianti eolici e fotovoltaici realizzati in questi anni senza neussun vincolo urbanistico-ambientale, vanno ad ingrossare le casse del già ricco mercato privato dell’energia.

Oggi battersi contro questi mega impianti vuol dire anche provare a cambiare paradigma produttivo mettendo al centro non il profitto di pochi ma la salute e gli interessi generali delle comunità che da anni si battono contro le privatizzazioni e per la riappropriazioni e socializzazione dei cosiddetti beni comuni.

Occorre però un salto di qualità per andare oltre la difesa del proprio territorio, di per se già molto importante. Ai no contro la discarica di Battaglina, alle altre discariche e alla privatizzazione del servizio idrico, va affiancato un percorso partecipativo e dal basso che riporti le comunità e i tanti comitati in lotta ad essere soggetti centrali e fondamentali dei processi decisionali, politici ed economici. Non più solo soggetti consultivi senza nessun peso decisionale ma soggetti attivi che decidono il futuro della propria vita. In questo senso un soggetto pubblico, partecipato dalle comunità e dai lavoratori del servizio potrebbe essere un primissimo antidoto contro forme di burocratizzazione che hanno portato in passato la gestione pubblica ed essere spesso simbolo di spreco ed inefficienza. Niente deleghe in bianco quindi ma promozione di forme di autogoverno ed autogestione a partire da progetti concreti sulla raccolta differenziata con programmi industriale su scala locale per il riciclo ed il riuso dei rifiuti.