Bologna, vecchi e nuovi meccanismi di privatizzazione dei beni comuni

Tue, 02/12/2014 - 17:07
di
Simone Febbo

F.I.CO., Fabbrica Italiana Contadina, il progetto nato da un’idea di Segrè e Farinetti (vedi articolo su questo“F.I.CO. incenerito” ) e sostenuto con entusiasmo dal sindaco Merola e dalla sua giunta, come ricetta miracolosa contro la grande fame prodotta dalla crisi, mette a nudo, giorno dopo giorno, la reale essenza dell’agire politico delle classi dirigenti a livello locale e nazionale, evidenziandone nuovi meccanismi e reali obiettivi.
Il progetto FI.C.O. nasce dalla crisi e in particolare dalla crisi del Centro Agro Alimentare di Bologna (CAAB), dove fisicamente metterà le proprie radici. Il centro si trasferisce nella sede attuale circa 15 anni fa e gli amministratori (CAAB: 80% del comune, 7% camera di commercio, 6% della regione) sopravvalutano il potenziale economico di un’attività che nel giro di pochi anni sarebbe risultata una delle più colpite dalla crisi. In questo modo e grazie a una gestione irresponsabile, contraddistinta anche da operazioni immobiliari dal carattere speculativo, CAAB si trova oggi a dover gestire un debito di 20 mln € nei confronti del Comune. Partendo da un debito che negli anni è lievitato fino a cifre molto più elevate, CAAB ha provveduto alla sua riduzione svendendo terreni di proprietà nell’area circostante per circa 100000 mq di superficie, garantendo all’acquirente (CARISBO di Roversi Monaco) l’immediato cambio di destinazione d’uso dei terreni, i quali a breve subiranno un’enorme colata di cemento per la realizzazione di nuovi appartamenti ed uffici.
I responsabili della crisi del CAAB, anziché rispondere della propria inadeguatezza di amministratori, ne utilizzano le conseguenze (il debito) come elemento per giustificarne di fatto la privatizzazione attraverso il progetto F.I.CO. Un bene comune, terreni e strutture del CAAB per un valore di 55 mln €, concesse per 40 anni alla gestione diretta di un soggetto privato, Eataly, in quanto “partner ideale ed insostituibile per un'iniziativa di valorizzazione del Centro Agro-alimentare” (Delibera Consiglio comunale del 01 luglio 2013). La valorizzazione sperata è palesemente quella delle aree edificabili adiacenti il CAAB in parte già cedute (a Carisbo), in parte ancora da svendere sul mercato: la crisi produce debito, il debito produce cemento.
La crisi sociale e ambientale viene gestita riproducendo e rimodulando i meccanismi che l’hanno prodotta e intensificando i livelli di sfruttamento delle persone e delle risorse.
Non è più il tempo del “privato è bello”; sostenere ciò, di fronte agli innegabili disastri economici e sociali prodotti dal neo-liberismo e dalle privatizzazioni, metterebbe a rischio la credibilità anche del più capace menzognero. Oggi è il tempo del “privato è inevitabile”, cioè l'unico modo per sostenere ancora la logica delle privatizzazioni passa attraverso l'emergenza della crisi e le politiche di risanamento e di austerità, imposte da istituzioni sempre più lontane e inafferrabili (BCE, UE e FMI) attraverso l’azione del governo nazionale e, a cascata, dei governi locali (regione e comune).
Chi si trova alla guida sia del governo nazionale, che degli enti locali, risponde sempre meno ai bisogni reali di uomini e donne e molto, invece, agli interessi di pochi soggetti economici; in questa direzione vanno i provvedimenti del governo, in particolare “Jobs act” e “Sblocca Italia” “(vedi articoli in questo sito); in questa direzione vanno progetti e provvedimenti della giunta del comune di Bologna.
Ad esempio sulla gestione dell'acqua il sindaco Merola sabato scorso all'assemblea dei costruttori dell'Ance ha dichiarato l'intenzione di recuperare i 100 mln €, tagliati dall'ultima legge di stabilità, sia aumentando le tasse comunali (130 € in più di Tasi nel 2015 per ogni famiglia), sia vendendo sul mercato azioni di Hera, passando così dall'attuale maggioranza assoluta del 51% a una maggioranza relativa del 35%: "non c'è bisogno di avere il 51% per controllarla, lo posso dimostrare... È questo mi permette di avere 100 mln €. Io non ho dubbi su cosa fare", dichiara sicuro di sé il sindaco, cui fa eco il ministro dell'ambiente Galletti, dimenticando quanto dichiarato a inizio mandato nel 2011: "non intendo vendere quote di Hera". I comitati acqua bene comune dell'Emilia Romagna denunciano questa deriva evidenziando "l'opacità della gestione, aumenti tariffari insostenibili, negazione del diritto umano all'acqua, peggioramento delle condizioni di lavoro e aumento del lavoro in appalto, scarso controllo delle amministrazioni pubbliche, diminuzione degli investimenti, erogazione dei dividendi agli azionisti tramite l'indebitamento, impoverimento della risorsa idrica e mancato coordinamento della gestione della risorsa".
Probabilmente il sindaco Merola è convinto che il 35 % sia diventata la quota magica per governare qualsiasi amministrazione, multiutility o altro ente pubblico. Non è così. Controllare una società quotata in borsa con il 35 % non garantisce nessun tipo di tutela della risorsa e del servizio se incompatibili con gli interessi degli azionisti. Così come governare un territorio con una partecipazione al voto del 37 %, se da un lato rientra nel sogno renziano di anestetizzare e depotenziare i meccanismi di partecipazione, per relegarli a semplice opinionismo, dall'altro segnala la profonda sfiducia nelle istituzioni e il crescente disagio sociale, rispetto ai quali forse il sindaco dovrebbe mostrarsi profondamente preoccupato.
In realtà non ha tempo per essere preoccupato Merola, in quanto impegnato a riprodurre il metodo F.I.CO. in altri settori strategici come la scuola.
Lo scorso settembre il sottosegretario all’Istruzione, Università e Ricerca Roberto Reggi ha presieduto alla firma tra i tecnici del Miur e, appunto, il sindaco Virginio Merola del primo Protocollo di intesa, che prevede l’utilizzo di un Fondo Immobiliare per la rigenerazione del patrimonio edilizio scolastico e la costruzione di nuovi edifici. Lo stanziamento assegnato a Bologna dal Miur ammonta a 5 mln € che svilupperanno interventi per 30 milioni per la costruzione di 5 nuove scuole. Benissimo: finalmente un investimento per costruire scuole nuove, efficienti e sicure. Cosa nasconde in realtà questo protocollo? Nasconde un altro protocollo sottoscritto alla fine del 2012 a Palazzo d'Accursio, per creare un fondo tra pubblici e privati per gli immobili scolastici, da costruire o da riqualificare, alienando parte del patrimonio immobiliare del comune di Bologna e cambiandone la destinazione d'uso per renderli più appetibili sul mercato. L'amministrazione mette immobili e terreni in un fondo chiuso del quale resta uno degli "azionisti"; gli altri azionisti sono i privati, che costruiscono e ristrutturano gli edifici scolastici, coprendo la differenza tra 30 e 5 mln € e chiedendo l'eventuale cambio di destinazione d'uso dei terreni e degli stabili comunali; la garanzia del guadagno deriverebbe dall'essere "azionisti" del fondo. Ad esso hanno già aderito Inarcassa, la cassa nazionale di previdenza e assistenza per ingegneri e architetti liberi professionisti, e Invimit, la società di gestione del risparmio del Ministero dell’Economia e delle Finanze, nata nel 2013 proprio con lo scopo di valorizzare i patrimoni immobiliari pubblici, anche attraverso lo strumento dei Fondi. “Il Protocollo siglato oggi" dichiara Elisabetta Spitz, Amministratore Delegato di Invimit "dimostra che anche i beni pubblici possono essere una risorsa in campo immobiliare.”. La crisi produce tagli ai trasferimenti e ai servizi, i tagli producono privatizzazioni, le privatizzazioni si realizzano garantendo speculazione e cementificazione.
È proprio questa l'evoluzione dei meccanismi di privatizzazione messi in atto dal governo nazionale e da quelli locali. Nella crisi i potenziali investitori esigono condizioni di investimento libere da pareri autorizzativi (sicurezza, ambiente, soprintendenza) e svincolate dalle tutele di lavoratrici e lavoratori: piena disponibilità delle risorse naturali e delle risorse umane.
Per rendere più presentabile queste operazioni e tenere a freno il disagio sociale le scelte, potenzialmente molto impopolari, vengono impacchettate con una retorica nuova, fatta di eccellenza, sostenibilità, meritocrazia,sinergia pubblico-privato e creatività. Tanto creativo quanto pericoloso è il protocollo sull’edilizia scolastica, così come creativo vuol essere il progetto F.I.CO, risultando in realtà scontato e prevedibile: scontato perché riproduce i meccanismi della filiera debito-speculativa piuttosto che quella dell’eccellenza agroalimentare, prevedibile per la sua reale essenza, nascosta faticosamente dietro la foglia: un grande centro commerciale per fasce sociali benestanti che accoglierà non solo l'eccellenza dell'agroalimentare, ma ogni attività in grado di calamitare ingenti capitali. Si spiega così la buffa e confusa accozzaglia di proposte che negli ultimi giorni ruotano attorno all'opera: l'assessore alle attività produttive del comune di Bologna, Lepore, voglioso di risolvere tutte le crisi del territorio utilizzando lo spazio magico F.I.CO. vuole portare sugli scaffali, tra un pomodoro e una zucchina, anche le suole delle scarpe dello storico marchio Magli, in procedura fallimentare, rispetto al quale stanno mostrando grande interesse due fondi americani. Da city of food a city of shoes il passo è molto breve.