Revolution addicted - Un altro mondo è possibile... e radicalmente più bello

Wed, 02/08/2017 - 13:03
di
Marta Cotta e Mauro Muscio

Si è concluso domenica ad Otranto il 34° campeggio internazionale anticapitalista. Impossibile riassumere 7 giorni in cui si sono confrontati 450 giovani provenienti da tutto il mondo. Lo facciamo di seguito pubblicando l'intervento nell'assemblea conclusiva del campeggio fatto dalla delegazione italiana, e un po' di foto che danno l'idea della ricchezza umana e politica vissuta in questo campo.

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E' stata una settimana intensa dove abbiamo potuto approfondire e confrontarci collettivamente sulla fase storica in corso, guardandola da punti di vista, paesi e tipologia di organizzazioni diverse.
E' una fase storica di grandi crisi, che ci mostra la vera faccia del capitalismo: quella delle barbarie, delle ingiustizie e delle oppressioni. La violenza eteropatriarcale sui corpi delle donne e delle soggettività LGBTIQA è dilagante, così come quella dei profitti economici e degli interessi imperialisti; viviamo in un pianeta che giorno dopo giorno si avvicina a cambiamenti climatici irreversibili, determinati dallo sfruttamento delle energie, delle terre e dall’inquinamento: per tutt* noi in questo campeggio è chiaro che il tempo sta per scadere.
Le nuove forme di sfruttamento e la distruzione delle tutele lavorative conquistate dal movimento operaio nel corso del Novecento rendono più ricattabili le vite di tutte/i noi, con effetti estremamente negativi sulla vita dei/delle giovani. Le forme del potere si sono modificate e oggi non solo tutelano le esigenze dei rapporti di dominio economico, culturale e sociale ma attraverso lo Stato, la famiglia, i confini nazionali e i rapporti di produzione controllano le nostre vite.

Nonostante ciò nel corso dell'ultimo anno ci siamo trovati di fronte all’esplosione di fenomeni di forte conflittualità sociale, in primis quello del movimento delle donne. Ed è dalle esigenze che esprimono i movimenti, dalle forme e linguaggi che adottano, che possiamo individuare i terreni fertili dove intervenire, raggruppare forze, intelligenze e bisogni capaci di contrastare lo status quo.
Il movimento Ni una menos si è opposto fortemente in tutto il mondo alla violenza sui nostri corpi di donne cis, trans e intersex, native e migranti per dire basta alla violenza di genere. Un grande sciopero globale si è imposto sulla scena politica internazionale, caratterizzando il movimento in senso anticapitalista, un nuovo femminismo che non vuole parlare ad un èlite ma essere il femminismo di quel 99% che viene reso invisibile mentre è colpito dalla crisi, marginalizzato e violato quotidianamente. Abbiamo invaso con i nostri corpi, desideri, bisogni, più di 56 paesi del mondo dichiarando che non ci saremmo fermat* e che nel prossimo autunno il muovimento sarà una nuova tempesta. Da marea diventeremo oceano.

Un altro fenomeno, quello della “crisi dei migranti”, ha mostrato nell'ultimo anno le contraddizioni di questo sistema economico e delle sue politiche imperialiste. Ma in diversi paesi la risposta di settori della popolazione, organizzati o meno, è stata la pratica di solidarietà attiva verso i migranti. Noi sappiamo bene che il problema non sono le migrazioni ma gli interessi economici, le frontiere e i sistemi di accoglienza. In svariati paesi del mondo abbiamo manifestato a fianco dei migranti e dei rifugiati, in solidarietà alle loro battaglie di autodeterminazione, urlando a gran voce che siamo tutt* clandestin* e che il mondo che vogliamo, e che faremo, sarà un mondo senza frontiere.

In questo campeggio si sono incontrati giovani che ogni giorno costruiscono vertenze, lotte, reti di solidarietà, organizzazioni sociali e politiche che, pur nella loro diversità, sono caratterizzate da un obiettivo comune: rivoluzionare l’esistente.
La forza di resistenza del capitalismo è figlia della sua estrema complessità, delle relazioni di oppressione e sfruttamento e dell’alienazione degli individui. La Comune di Parigi e la rivoluzione del 1917 hanno mostrato che la strada per cambiare il mondo è difficile, faticosa, e complicata, ma anche che l’autogestione e l’autorganizzazione sono i due tasselli fondamentali per costruire alternative efficaci. Hanno soprattutto mostrato ciò di cui ancora oggi sentiamo il bisogno: l’alternativa al capitalismo e la rivoluzione.

Dopo molti anni abbiamo voluto organizzare il campeggio internazionale anticapitalista in Italia, lo abbiamo voluto e ce l’abbiamo fatta. Siamo un po’ stanchi, non tutto è andato come avremmo voluto, ma siamo soddisfatti,
E’ stato un momento importante per metterci alla prova in quanto rete CommuniaNetwork, in una fase rilevante per la nostra organizzazione, di crescita, cambiamento e allargamento.
Il campeggio ci ha permesso di accogliere tante esperienze di lotta provenienti da tutto il mondo che hanno permesso uno scambio e una conoscenza approfondita su numerosi temi ed esperienze.
Questo campeggio ogni anno ci ricorda che la lotta al capitalismo è faticosa ma che non siamo soli, che in tutto il pianeta ogni giorno migliaia di militanti si scontrano con il desiderio di rivoluzionare l’esistente; il campo è un momento di scuola e formazione politica, di scambio che ci permette in pochi giorni di sperimentare sulla nostra pelle che un altro mondo non solo è possibile e necessario... ma è radicalmente più bello; una settimana in cui non solo grazie ai dibattiti politici, ma anche attraverso una socialità differente che permette a tutt* di liberarsi dalle gabbie identitarie e dagli stereotipi, la nostra voglia di rivoluzione esce più che mai rafforzata.

Il tentativo di autogestione del campo, nel rispetto delle autodeterminazioni dei soggetti oppressi presenti, è una sfida che ogni anno mette alla prova compagni più o meno giovani. Ci mostra infatti quanto necessaria sia l’autorganizzazione per contrastare sessismo, razzismo, omolesbobitransfobia e perché sia tutelata sempre la democrazia e l’orizzontalità. Nulla è lasciato al caso e il contributo di ognun* di voi è stato fondamentale

In questa fase storica quando facciamo riferimento ai giovani è sempre più difficile individuare i tratti che rendono specifica la nostra condizione: se con giovani intendiamo quel settore non economicamente autonomo, legato per la sopravvivenza alla famiglia di orgine, allora possiamo legittimamente dire che il range d’età dei giovani oggi è molto più ampio: giovani sono gli studenti delle scuole e delle università, giovani sono i neolaureati e i ricercatori, gli stagisti non retribuiti, ma sono giovani anche le masse dei lavoratori precari senza uno stipendio sufficiente per sopravvivere. Giovani sono insomma tutti quelli che ancora hanno poco da perdere perché molto danno a questa società ma troppo poco hanno ricevuto in cambio.

Questo campo per noi è stato un momento in cui creare anticorpi alla corruzione del riformismo liberista, una scuola di formazione politica per capire e reintrpretare tutt* insieme il significato del termine "compagni", e soprattutto un luogo dove individuare strumenti utili ed efficaci per migliorare le nostre vite e quelle delle generazioni future.
Abbiamo voluto caratterizzare il campeggio qui in Italia anche per il cibo che abbiamo mangiato, attraverso la scelta di prodotti "fuori mercato", frutto di progetti a "sfruttamento zero" che intrecciano il rispetto dell’ambiente e del territorio, i diritti dei lavoratori nativi e migranti attraverso strutture autorganizzate e conflittuali. Prodotti che rappresentano un'alternativa possibile al sistema e alle sue contraddizioni, e che hanno rafforzato il nostro legame con la Rete nazionale Fuori Mercato e con alcune esperienze di autoproduzione del territorio che ha ospitato questo campegguio. E nonostante quello che si crede solitamente, il consumo di prodotti che rispettano tutta la filiera produttiva non ha inciso negativamente sul bilancio economico del campeggio.

Siamo rivoluzionari perché amiamo la vita, e questo campo ci ha mostrato la bellezza di una vita militante, fatta di emozioni, crescite personali, voglie di lottare, sentimenti. Una vita militante fatta anche di potenziali errori, e soprattutto piena di quello che il compagno e scrittore Stefano Tassinari ha definito l’amore degli insorti, un amore che solo noi sappiamo pronunciare.